Tra poco ricomincerà il cine-spettacolo più famoso della Basilicata “La storia bandita” al parco della Grancia. Nell’attesa, ci addentreremo nelle vicende del brigantaggio lucano attraverso i suoi protagonisti come Carmine Crocco – il Generale dei briganti – e Serafina Ciminelli, brigantessa dalla storia struggente. Poi, ci metteremo in viaggio sulle strade dei briganti e visiteremo il museo dedicato a Rionero in Vulture.
Leggi gli articoli di oggi:
- Museo del brigantaggio a Rionero in Vulture, rivivere il mito e conoscere la storia
- Carmine Crocco e la condanna a morte
- Le memoria di una brigantessa, tra realtà e finzione
- Sulle strade di Carmine Crocco e dei briganti lucani
Dopo anni di attesa, sta per tornare il Cine-spettacolo “La storia bandita” al Parco della Grancia, che segue, con intenso lirismo, la parabola storica e umana di Carmine Crocco e del brigantaggio in Basilicata. La data in cui si accenderanno nuovamente i riflettori su uno dei periodi più atroci del Mezzogiorno è fissata per il weekend del 2 e 3 giugno e aprirà il sipario su una stagione lunghissima che si concluderà a settembre.
Noi di WayGlo non stiamo più nella pelle e intendiamo essere presenti “alla prima” (e anche a qualche replica). Intanto, dedichiamo la copertina di oggi al brigantaggio e ad alcuni dei suoi protagonisti più iconici con un percorso che s’inoltra nella complessità di un periodo nero e importantissimo, collegato al diritto alla terra delle classi contadine e all’emigrazione dei lucani a cavallo tra 1800 e 1900.
Partiamo insieme per un viaggio entusiasmante durante il quale non potremo fare a meno di emozionarci, arrabbiarci e, infine, commuoverci.
Il nostro viaggio sulle tracce del brigantaggio non può non partire dal castello Lagopesole o, forse in maniera più puntuale, da Rionero, il borgo alle pendici del Vulture famoso per l’aglianico e per i lussureggianti vigneti. Qui, in via Mazzini 33, nacque Carmine Crocco, il brigante più temuto d’Italia. Qui, mosse i suoi primi passi e, non distante dalla casa natale del “Napoleone dei briganti” sorge persino l’imperdibile Museo del brigantaggio.
(Continua a leggere QUI l’itinerario).
L’ex carcere borbonico di Rionero è la sede del Museo dedicato ad indagare la complessità delle vicende legate ai briganti e al Brigantaggio. Questo luogo nel 1832 fu adibito a prigione e conserva in alcune stanze molte delle scritte e dei segni impressi sui muri dai carcerati, per lo più briganti.
Sono tratti che lasciano molte domande inevase, che cercano risposte negli occhi fieri delle brigantesse a cui è dedicata una piccola mostra fotografica. Nel percorso, i briganti appaiono come fantasmi per raccontare storie fatta di miseria e violenza.
Una visita in questo luogo di cultura è interessante ed avvincente. Davvero unica.
In questo itinerario sulle tracce dei briganti non possiamo non addentrarci nella vita del suo personaggio più iconico e amato, quello di cui, fino a non molto tempo fa, le nonne nelle campagne serbavano spesso il ritratto: Carmine Crocco. E lo facciamo partendo da una data cruciale, l’11 settembre 1872 in cui è emanata la sentenza del processo contro di lui e se ne decreta la condanna a morte.
Crocco è accusato di 67 omicidi, danni per un 1.200.000 lire, sequestro di persona, formazione di banda armata. Ma poco dopo l’emissione della sentenza arriva la clemenza di re Vittorio Emanuele II e la pena è commutata in ergastolo.
I cronisti dell’epoca raccontano come il comportamento di Crocco in carcere sia stato sempre impeccabile, tanto da far pensare di aver trovato una qualche pace personale. E questo traspare anche dalla sua (bella e consigliatissima) autobiografia: «Un sincero pentimento e 40 anni di ergastolo, possono redimere l’uomo di fronte al giudizio del suo simile e il peccatore dinanzi a giudizio di Dio».
Eppure, si parla pur sempre del capo indiscusso delle bande del Vulture con un esercito di circa 2000 uomini, di un criminale fuorilegge, noto anche con appellativi quali “generale dei briganti”, “generalissimo” e “Napoleone dei briganti”. Un uomo attorno a cui già in vita fiorivano le leggende e che, nonostante i numerosi crimini, fu ammirato anche dai suoi nemici per la sua grande astuzia, la tattica e le scaltre azioni di guerriglia.
Concludiamo il nostro viaggio nel brigantaggio lucano ascoltando i racconti di una donna, grazie al romanzo di Vincenzo Labanca, di Siris Editore, “Le memorie di una brigantessa”. Nel volume si racconta la storia di Serafina Ciminelli, in una narrazione che si snoda nel sottile equilibrio tra una documentazione attenta e una finzione creativa che tutto sottende, unita al desiderio di raccontare e spiegare l’inferno sociale in cui vivevano i tanti “cafoni” che aderirono al brigantaggio e, insieme, la spietata ferocia di cui furono essi stessi attori consapevoli e vittime.