Falconieri e uccelli rapaci, bendati negli ampi spazi. I richiami degli uccelli che risuonano. Intorno, armigeri, sbandieratori, dame dallo sguardo deciso e l’odore dell’olio caldo in cui friggono semplici pietanze da servire ai curiosi. Infine, una miscellanea di lingue che stordisce. Queste le sensazioni che avremmo provato nel 1200 davanti al castello di Melfi o a quello di Lagopesole. Allora, il tempo era scandito dai passaggi di Federico II: l’imperatore che lasciava stupefatti.
Come fossimo uno dei falchi addestrati dallo “Stupor Mundi” per scrivere la sua “De arte venandi cum avibus”, planiamo sugli scenari quasi metafisici del Vulture, sopra i boschi che ammantano il paesaggio, punteggiati da piccoli appezzamenti a grano e vite. L’acqua scorre generosa in questo pezzo sofisticato di Basilicata medioevale in cui, per dar vita a un corpo giuridico “rivoluzionario” che concede gli stessi diritti anche a arabi e ebrei, sono confluiti i maggiori intellettuali dell’epoca.
Avvistiamo dall’alto il maniero di Melfi: un luogo che sa già di leggenda, in un borgo in cui ci perdiamo sottilmente tra chiese rupestri e cantine, seguendo la mappa tracciata nel Wayvisit.
Alla velocità di un rapace in volo, proseguiamo lungo l’itinerario lucano di Federico II. Durante il percorso ci sarà forse chiara la natura ambivalente di questo personaggio, tra condivisione e assolutismo, e la sua complessità di poliglotta e scienziato, giurista, matematico e – pare – alchimista.
Lasciata Melfi, ci spostiamo a Lagopesole per una sosta. Il castello è il posto perfetto per fermarsi, custodisce segreti che travalicano questo tempo e ci parlano dell’amore straziante tra Elena degli Angeli e Manfredi, il figlio dell’imperatore, e di un pianto disperato che risuonerebbe, ogni giorno, al tramonto. Un edificio che sembra un attrattore di leggende da cui neppure Carmine Crocco è riuscito a liberarsi, quasi come se si trattasse di uno scherzo – o un dono – alchemico dell’imperatore di Hohenstaufen.
Il nostro volo prosegue leggero e senza distrazioni fino a Venosa, uno dei borghi più belli d’Italia. Qui, molto probabilmente è nato Manfredi, il biondo figlio di Federico II raccontato anche da Dante.
È il posto perfetto per rifiatare mentre il nostro pensiero vaga tra suggestioni arabeggianti, poesia, vino e storia. Arricchendoci.