- 10 cose da fare a Tricarico
- Rocco Scotellaro, sindaco poeta dalla parte dei contadini
- Lo “Chagall Lucano”, descritto da Montale
- I Luoghi di Scotellaro
“Io sono uno degli altri”. Basterebbe forse questa frase per capire chi è stato Rocco Scotellaro, per amarlo e per comprendere cosa abbia rappresentato per i lucani, soprattutto per quelli con le mani nodose e il volto solcato da rughe profonde scavate dal lavoro nei campi.
Era il poeta della libertà contadina (leggi qui l’articolo) e fu uno dei più giovani sindaci socialisti dell’Italia sorta all’indomani della seconda guerra mondiale. Era allegro, cordiale, carismatico con qualcosa da bambino nello sguardo e nell’incedere.
Qualcuno, insomma, a cui anche a distanza di anni è impossibile non volere bene. Lo sapevano quelli che lo hanno conosciuto. Come Carlo Levi, ad esempio, ma anche Italo Calvino ed Eugenio Montale che lo aveva descritto come “lo Chagall lucano della poesia”: variopinto, allegro, vivace… eppure doloroso come solo il grande pittore sapeva essere.
Tutti, all’indomani della sua morte avvenuta a soli trent’anni, ne hanno sentito forte la mancanza. Come la sentiamo anche noi, oggi, a quasi cent’anni dalla sua nascita.
Ma basta poco per guarirne: sono sufficienti alcune delle sue poesie, ad esempio, o qualche pagina de “L’uva puttanella”. Magari il suo ritratto nel capolavoro pittorico di Levi “Lucania ’61”. E, subito, sorridiamo immaginando il suono della risata che doveva avere e ci ritroviamo a tenerlo per mano come fosse un nostro amato amico d’infanzia, ritrovato dopo tanto tempo e che non vogliamo più lasciare andare via. Forse sarà per via di quello sguardo che sembra sempre in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è.
“Piccolo, biondo, dal volto lentigginoso, come un bambino…col viso aperto dell’amicizia” che non vuole fare altro che condurci per mano “a visitare le case dei contadini, la Rabata, la casa di sua madre e la sua piccola stanza”. Questo è il ritratto che ne fa Levi.
Rocco Scotellaro è uno di quei poeti che, non appena svanisce l’eco dei suoi versi, sentiamo di dover cercare. Di nuovo. E, allora, diventa quasi necessario ritrovarsi a Tricarico a visitare quella che fu la sua casa. Esattamente come ci apprestiamo a fare oggi, grazie alla guida alle 10 cose da fare in questo antico borgo arabo-normanno. Tutto – o quasi – qui ci parla di lui. Ed è come una carezza. Proviamo a trattenere la sua ombra per un momento ancora, nel collage di immagini tratte da Instagram che altro non sono che una mappa su cui fermarsi a leggere le sue pagine.
“Io sono un filo d’erba, un filo d’erba che trema.
E la mia Patria è dove l’erba trema.
Un alito può trapiantare il mio seme lontano”
E la sua immagine si confonde con quella di un suo compagno, un pastore, descritto nel suo unico (e incompiuto) romanzo autobiografico “ha fatto la guerra, adulto, cadente e sgangherato, ma egli è sempre senza macchia; se lo guarda la donna più bella del mondo non si copre la bocca vuota dei denti con le mani, ma l’apre e ride, più bello di tutti lui, cresciuto nel sole e nella pioggia.“