di Sergio Palomba
Definirlo comico o cabarettista è decisamente riduttivo. Dino Paradiso è ironico per natura, irresistibile cantore della lucanità. Si specializza al Comic Lab di Serena Dandini, poi partecipa a “Made in Sud” su Rai2 e a “Colorado café” su Italia 1. Lo consacra l’approdo in finale al talent “Tu si que vàles”. È nel cast della fiction di Rai 1 “Imma Tataranni” e di “Scordato”, il quarto film da regista di Rocco Papaleo, in cui conferma le sue spiccate doti da attore, che alterna a quelle di scrittore.
Dino, la Basilicata è quasi sempre al centro dei tuoi spettacoli ma, se dovessi descriverla in poche parole, quali useresti?
La Basilicata, ancor prima che un luogo, è un concetto, uno spazio ideale. Per viverla, bisogna sentirla, appartenere ad essa come un bimbo appartiene a sua madre. Io mi sento così, spero solo di essere un bravo figlio.
Un ritratto serio e uno divertente del lucano tipo…
Il lucano è gentile, generoso e, se lo coltivi, dà ottimi frutti. Non ha mai dato importanza al fatto di esserlo, non si vanta mai di amare la sua terra. Vive cercando di far bene il suo lavoro ma senza enfasi, anche quando compie grandi gesta. Il lucano non cerca i riflettori, anzi, gli dà fastidio la luce dei riflettori. Piuttosto che lasciarsi illuminare dall’occhio di bue, stacca la luce direttamente dal contatore.
Come racconti, invece, la tua città?
Io sono di Bernalda: l’epicentro del mio anonimato. Spesso, già quando mi è capitato di dire: “sono lucano”, mi hanno risposto: “ah, bella Lucca…”, immaginate se gli dicessi che sono di Bernalda. Per questo anonimato, da piccolo, ho sempre sofferto. Mi ero convinto che i “buoni”, sentendo parlare di talenti, intelligenze e capacità “fuori dal comune”, stessero tutti fuori dal mio comune e il fatto che io ci restassi dentro aggiungeva la frustrazione all’anonimato.
Condividi con noi un segreto: hai un altro luogo del cuore in Basilicata? E se sì, perché?
Ogni luogo in Basilicata è “altro”. Questa regione è una specie di puzzle: i pezzi combaciano perfettamente tra loro ma singolarmente sono tutti diversi. Siamo unici ma differenti, per cui io non ho un luogo del mio cuore ma ho un cuore che è tutto lucano.
Qual è, invece, il luogo lucano che un visitatore dovrebbe assolutamente vedere?
Tutti i luoghi vanno visti! Tutta la Basilicata! Non esiste un luogo preciso, li dovete vedere tutti, ognuno dei 131 comuni che la compongono, per 550 mila abitanti. Sembrano pochi ma provate a visitarli tutti: ci impiegherete più tempo di quello che serve per vedere Roma!
La tua terra a tavola: cos’è che, secondo i tuoi gusti, la rappresenta maggiormente?
La salsiccia. Il popolo lucano ha una cultura alimentare suinocentrica. Il maiale è uno dei simboli della Basilicata, un suo elemento fondante. Basti pensare che la salsiccia viene chiamata “Lucanica” perché i Romani scoprirono come si lavorava proprio qui, in questa terra, poi l’hanno esportata in tutto l’Impero. Senza il maiale i lucani si sarebbero estinti in un quarto d’ora.
A cosa di lucano non puoi rinunciare quando sei fuori per lavoro?
Alla lentezza, ovvero al tempo giusto da dare alle cose. Questo è un altro concetto lucano che andrebbe esplorato ed esploso.
Tu sei un attore e un creativo: dov’è che in Basilicata la creatività trova più ispirazione?
Più che dove, direi quando: di notte. Di notte la Basilicata è magica. Di giorno è meravigliosa, di notte ispira.
Dacci una buona ragione per venire in Basilicata…
Scusami ma fino ad ora di cosa abbiamo parlato?
E una per tornare?
Semplice: tornate di notte!