di Agnese Ferri
Un’antica torre a circa 1000 metri di altitudine, che svetta sulla valle e guarda e dialoga con altre torri sorelle; intorno, un sistema complesso con le caratteristiche tipiche degli insediamenti normanni e che negli anni, pezzo dopo pezzo, è tornato a vedere la luce del sole: è l’antica Satrianum, nel territorio tra Satriano di Lucania e Tito, non lontano da Potenza. Un luogo ricco di fascino e di storia nel quale gli eventi si sono sedimentati nel tempo, con la stratificazione di un racconto che si dipana dall’Età del ferro al Medioevo.
Un’équipe di archeologi guidati dalla professoressa Francesca Sogliani dell’Università della Basilicata lo indaga dal 2000, quando i lavori sono cominciati con il professor Massimo Osanna. Moltissimi i dati raccolti in questi anni, in grado di restituire alla comunità che qui vive la storia di questi luoghi e perfino di sovvertire (o, a volte, confermare) leggende che inevitabilmente sono nate nel corso dei secoli.
Ma, come sempre accade, ci sono tanti modi di raccontare una storia: qui, dal 2017, lo fa Festivalia, festival dell’archeologia raccontata. Una narrazione che dà le sensazioni di un viaggio nel tempo ai piedi della torre e al suo interno grazie all’intreccio di teatro, ricostruzioni, costumi d’epoca, musica, percorsi museali immersivi e interattivi. Una «narrazione storicizzata», la definisce Sogliani, che è anche ideatrice di Festivalia e non «una semplice rievocazione storica», grazie ai racconti costruiti su quello che è successo davvero a Satrianum nella lunga stagione della sua esistenza.
Tanti secoli, tante storie: cosa racconta Festivalia quest’anno?
«Dopo aver raccontato normanni, svevi e angioini nelle edizioni passate, quest’anno ci spostiamo tra la fine del XIV secolo e gli inizi del XV. In quel periodo è accaduto un fatto che le nostre ricerche archeologiche hanno svelato, ma che nelle cronache locali era diventato una leggenda: è la storia della Regina del Regno di Napoli Giovanna II, che chiama a sé una fanciulla per la sua corte. I suoi cavalieri vanno a prenderla a Terlizzi, ma nel viaggio di ritorno succede qualcosa: il drappello si ferma a Satrianum e qui la giovane donna viene rapita e maltrattata. Giovanna II si infuria, e manda il suo esercito a distruggere Satrianum».
È andata davvero così?
«Ci siamo interrogati su questo. Le leggende hanno sempre un piccolo elemento di verità. Ricerche storiche incrociate con i dati archeologici ci hanno permesso di scoprire che tra la fine del ’300 e l’inizio del ’400 la regina Giovanna II diede il feudo di Satrianum a Muzio Attendolo Sforza, capitano di ventura e capostipite degli Sforza di Milano. Ad un certo punto, però, per questioni politiche e private, l’idillio tra i due si spezza: la regina invia dei suoi attendenti a Satrianum con l’ordine di distruggere l’insediamento di Sforza. Abbiamo fonti certe sulla presenza degli Sforza come proprietari nel feudo e tracce estese di bruciato improvviso, crolli: un evento repentino è davvero accaduto, con un grande incendio nei primi anni del ’400. Satrianum è stata distrutta, e Giovanna II e Sforza sono i protagonisti di questa storia».
Dunque il sito di Satrianum è di grande interesse archeologico.
«Ci sono evidenze scientifiche dell’occupazione capillare di questo territorio già dall’Età del ferro. Il sito è un fossile guida molto importante per lo studio del fenomeno dell’incastellamento dell’Italia meridionale a partire dall’Età normanna, nell’XI secolo. I normanni riorganizzano tutto il territorio impostando un sistema politico feudale fino a quel momento non presente nel Meridione, con l’individuazione di luoghi strategici per il controllo del territorio, una torre, simbolo del potere laico, e un edificio di culto. In Basilicata a volte realizzano nuove diocesi cristiane. Una di queste è proprio Satrianum. Inoltre, qui dalla metà del XV secolo non ci sono state nuove occupazioni: l’insediamento si sviluppa dall’età normanna, vive per tutta l’età sveva, poi angioina».
Si può visitare?
«Il sito archeologico deve essere visitato e raccontato. Grazie alla disponibilità e alla sensibilità dell’amministrazione comunale, è stato sempre possibile affiancare un’associazione che si occupa dell’apertura del sito e delle visite. È possibile visitare tutta l’area, e l’interno della torre normanna è diventato un piccolo museo multimediale e interattivo che permette di ripercorrere tutta la storia insediativa del sito, con gaming per grandi e piccini ed esperienze con l’oculus realizzate insieme a Digital Lighthouse. Dal terrazzo della torre, all’ultimo piano, si può vedere tutto il territorio circostante. Lungo i quattro lati della torre, dei pannelli spiegano ciò che si guarda».
Festivalia nasce per condividere tutto questo con il pubblico. Come è nata l’idea di impostarla così?
«Il festival si inserisce nel dibattito che da poco più di un decennio si sta svolgendo in Italia e che riguarda l’archeologia pubblica: il processo di condivisione dei dati della ricerca archeologica con pubblici, territori, comunità. Noi siamo decodificatori delle tracce del passato, e abbiamo il dovere etico di condividere con chi ci ospita e con chi vuole conoscere il passato. Ho inventato questo format proprio per sperimentare delle modalità di narrazione delle storie che tiriamo fuori grazie ai nostri scavi. È un racconto costruito in maniera condivisa: c’è il coinvolgimento della comunità di Tito e Satriano e dei posti attorno, con ricostruzioni di botteghe, cibo, attività collegate alla storia che raccontiamo. Le persone che lo vogliono portano i loro prodotti nelle botteghe e accettano di vestirsi come i commercianti d’inizio ’400, per ricostruire questa storia in maniera coesa. Il patrimonio di eredità viene restituito a tutti e tutti possiamo beneficiarne. Mettiamo assieme le risorse per creare archeologia pubblica».
È una sorta di viaggio indietro nel tempo?
«Chi arriva a Festivalia lascia l’auto sulla strada e viene portato con un pullmino all’ingresso dell’insediamento, per poi essere accompagnato lungo il percorso dai miei allievi e collaboratori che spiegano l’insediamento di Satrianum. Fino ad arrivare al pianoro sommitale, dove sono allestite le botteghe. Cerchiamo di ricostruire al meglio l’atmosfera, quest’anno tra la fine del ’300 e gli inizi del ’400, con musiche e narrazioni. I visitatori in un momento vengono proiettati fuori dal tempo contemporaneo».
Scopri di più sull’antica Satrianum con Wayglo:
- Nei dintorni dell’antica Satrianum
- Satrianum, la torre di avvistamento sulla storia
- Il tetto dell’Anaktoron, portato alla luce dagli scavi di Satrianum