di Agnese Ferri
Acerenza è inconfondibile nel suo profilo, quando la si scorge dalla strada o la si guarda dai paesi vicini. La più alta della Valle del Bradano, svetta con l’imponente cattedrale sull’intera vallata. Ma qual è la storia di un edificio tanto magnifico e solenne? A raccontare la vicenda della sua costruzione, e l’intreccio di narrazioni cresciuto nei secoli, è la rievocazione storica “Dai longobardi ai normanni, Storia di una cattedrale”, organizzata dall’associazione culturale “Acheruntia”, giunta quest’anno alla sua 32esima edizione.
L’11 e il 12 agosto, la “Città Cattedrale” attende tutti coloro che hanno voglia di scoprire questo affascinante pezzo di storia. A raccontarci l’evento è Michele Mecca, presidente dell’associazione “Acheruntia”.
Che storia racconta la rievocazione?
«Racconta la storia che ha portato alla costruzione della Cattedrale di Acerenza, che ha visto la luce grazie al patto suggellato nel 1080 tra il vescovo Arnaldo e Roberto il Guiscardo, principe normanno. Arnaldo aveva ereditato i lavori di costruzione, che però, per mancanza di fondi, si erano arenati. Il principe, insieme a sua moglie Sichelgaita, ne finanziò l’ultimazione e dunque la costruzione della basilica cattedrale. C’era una contropartita, però: la riabilitazione del Guiscardo, che era stato scomunicato dal papa».
Non si tratta di una leggenda di fondazione, dunque, ma di qualcosa che è realmente accaduto.
«Raccontiamo gli eventi proprio come sono avvenuti. Il corteo storico attraversa le strade del centro fino alla piazza adiacente la cattedrale, dove viene messo in scena il dialogo tra il principe e il vescovo: l’architetto mostra il progetto al Guiscardo, che lo accetta, e l’accordo viene siglato. Tutto intorno, tra i vicoli del centro storico, spettacoli di intrattenimento, saltimbanchi, mangiafuoco…».
Quali tracce restano in città di questa vicenda?
«Ad Acerenza, che è sede arcivescovile, abbiamo la storia dei vescovi che si sono succeduti, compreso Arnaldo. C’è poi l’elemento più evidente, ovvero lo stile in cui è stata costruita la Cattedrale di Acerenza: è un esempio di romanico-cluniacense. Il romanico era lo stile dell’epoca, ma Arnaldo volle edificarla utilizzando a base progettuale della cattedrale di Cluny, in Francia, dove era stato monaco benedettino».
Ci racconta l’atmosfera che c’è in città in quei giorni?
«È un viaggio nel tempo, un salto indietro nel Medioevo. Decorazioni, stendardi, bandiere dell’epoca addobbano il centro storico. A questo contribuisce anche la musica dell’epoca, che riempie i vicoli grazie alla filodiffusione. Naturalmente, anche i figuranti sono abbigliati in stile medievale: abbiamo un patrimonio di centinaia di costumi realizzati interamente da sarte e volontarie dell’associazione culturale “Acheruntia”, e tutti confezionati con stoffe attinenti a quelle dell’epoca».
Tre buone ragioni per scoprire Acerenza?
«Le ragioni sono molte di più. Parlo da presidente dell’associazione culturale, ma anche con l’affetto di chi è nato qui. La prima ragione credo sia che il paese ha saputo conservare la propria identità storica quasi del tutto intatta. Il nostro centro storico non ha ceduto quasi nulla alla modernità, un vero e proprio salotto. Anche le abitazioni restaurate hanno le pietre a vista. Poi, c’è la posizione: siamo a 833 metri di altitudine: da qui lo sguardo spazia su tutta la vallata del Bradano e perfino sul tavoliere delle Puglie. Non a caso, i Normanni la idearono come presidio di tutta la valle, e Orazio la definiva “il nido dell’aquila”. Inoltre, siamo tra i Borghi più belli d’Italia, con tante caratteristiche che sono state riconosciute dall’associazione e che ci hanno portato a diventare uno dei paesi simbolo dell’Alto Bradano per bellezze e rilevanza storia. Penso ad esempio al nostro bellissimo museo di arte sacra, assolutamente da visitare. Tutti questi elementi, e molto altro, rendono Acerenza un luogo assolutamente da scoprire».
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