Cresciuto a Matera, Francesco vive la sua adolescenza tra studio, pianoforte e scout, poi – dopo il liceo – si apre al mondo. Si laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia, si specializza in diritto internazionale pubblico all’Aja e in Sistemi Politici e Sociali dell’Africa Contemporanea all’Orientale di Napoli. Diventa funzionario delle Nazioni Unite ed è in giro per il mondo dal 2002 ma ha tempo anche di essere co-fondatore del laboratorio politico Rena. Oggi opera in Siria, a Damasco, dove oltre che per le abilità diplomatiche spicca per umanità e capacità di rispondere ai bisogni delle persone.
Francesco, se dovessi descrivere in poche parole la Basilicata, quali useresti?
Bella, paesaggistica, cocciuta per la sua gente e da scoprire.
Oltre che cocciuto, il lucano com’è?
Con una mia cugina di Ferrandina, essendo io per metà materano e per metà ferrandinese, chiamiamo la Basilicata “terra brigante”, giochiamo sempre su questo termine. Tutti conosciamo la storia del Brigantaggio, che è stata anche romanticizzata, ma secondo me rappresenta bene questo mix di determinazione e testardaggine che ci rende non sempre malleabili al dialogo.
E Matera? Come la racconti?
Il mio racconto di Matera, a chi oggi ne è incuriosito perché l’ha conosciuta negli ultimi anni, comincia sottolineando che non è assolutamente la città in cui siamo cresciuti. I Sassi, dopo il terremoto dell’80 erano pericolanti, una zona off-limits, se ci andavamo dovevamo nasconderlo ai nostri genitori, perché si spacciava, erano poco illuminati. Questo, per me, è il percorso da cui la città è partita e quindi provo ancora maggiore orgoglio nell’averla vista cambiare a partire dagli anni ’90, con il riconoscimento di patrimonio Unesco ma anche per la determinazione di tanti materani, di nascita o di adozione, che hanno lavorato per accompagnare la città verso ciò che è diventata oggi.
Oltre a Matera, hai altri luoghi lucani che ti stanno particolarmente a cuore?
Ho dei nonni di Ferrandina, basterebbe questo, ma ci aggiungo anche tutto il versante delle montagne lucane che, tra infanzia e adolescenza, ho esplorato da scout. Il monte Raparo, il monte Caramola, il Pollino: queste sono zone di una bellezza mozzafiato in tutte le stagioni, che mi ricordano anche la gioia e l’unicità delle prime esperienze fuori casa, della crescita con amici con cui non solo scoprivamo la natura bensì anche noi stessi.
A cosa non riesci a rinunciare di lucano quando, ovvero sempre, sei fuori per lavoro?
Io sono fuori da Matera dal 1996, è tantissimo tempo, più di metà della mia vita da adulto, e ciò a cui proprio non posso rinunciare sono i sapori, sicuramente per la bontà ma anche perché ci collegano ai ricordi, all’identità, alle coccole. Quindi, sin da quando sono partito per gli studi universitari, ci sono valige in continuo viavai che contengono salumi e scamorze ancora freschi o taralli.
Una buona ragione per venire in Basilicata?
Ce ne sono tante ma la principale risiede nel fatto che questa regione, essendo ancora poco conosciuta, permette ai visitatori di vivere un’esperienza conoscitiva molto personale. Qui ci arrivano visitatori che hanno tempo di conoscere il territorio e, tra l’altro, sono anche pronti a ritornare, proprio per viverne ed apprezzarne la naturalezza.