La sorprendente parabola umana e storica di Teresa Motta, aiuto bibliotecaria presso la biblioteca provinciale di Potenza tra il 1938 e il 1943, quando la Basilicata era terra di confino. Questo il tema del volume “Teresa Motta, una bibliotecaria e un anno di vicende memorabili. Con lettere inedite di Francesco Barberi e Manlio Rossi Doria (1943-1949)” scritto da Antonella Trombone ed edito da Caliceditore.
All’epoca dei fatti, erano molti gli internati in terra di Lucania. A loro, antifascisti ed ebrei, era impedito studiare, leggere i giornali e mantenere i rapporti con la propria famiglia. Vite sospese nel nulla, in un limbo immobile in cui anche l’accesso ai libri era regolato dal Ministero degli interni attraverso il rilascio di autorizzazioni che non arrivavano mai.
Eppure la Biblioteca provinciale di Potenza, in quegli anni, era considerata un luogo sicuro per gli incontri tra gli oppositori al regime, per l’apprendimento e per l’accesso a volumi di ogni tipo. Ed era molto frequentata.
Grazie a Teresa Motta, tra il 1940 e il 1942, Franco Venturi e Manlio Rossi-Doria poterono proseguire i loro studi e mantenere contatti con i gruppi antifascisti italiani. Anche Hans Ludovico Heimann, un ebreo viennese, poteva trascorrere ore sicure nelle ampie sale dell’edificio, insieme al musicologo Artur Neisser, una celebrità all’epoca. Forse, per quest’uomo gentile e colto che leggeva volumi su Giuseppe Verdi, il sorriso rassicurante di Teresa a Potenza rappresentò uno degli ultimi, lievi, attimi di serenità prima di morire, massacrato, nel lager di Auschwitz.
Il libro, con un’analisi puntuale ma mai fredda, cerca di descrivere le gesta di Teresa Motta per comprendere come questa donna di cui si sa pochissimo riuscì a proteggere e ad assistere i confinati nonostante i controlli sempre più severi della direzione e della deputazione provinciale. Ma molto rimane ancora avvolto dal mistero. Eppure il fascino di questa vicenda, ieri come oggi, è rimasto immutato e, al termine della lettura, ci si scoprirà commossi e grati.