Nel rione Santa Maria, costruito a cavallo tra la fine del 1800 e il 1900 a Potenza, in piazzale Aldo Moro, accanto alla Caserma Lucania, si trovano la chiesa di Santa Maria del Sepolcro e il piccolo convento dei francescani. La struttura è un piccolo gioiello la cui fondazione è attribuita ai Templari nel XII secolo e al cui interno, in un prezioso altare barocco del 1656, è custodita la sacra reliquia del sangue di Cristo.
Secondo alcuni è proprio la presenza di questa sacra reliquia ad aver permesso a questo edificio di non essere colpito, pur trovandosi nel cuore del massiccio bombardamento che ha devastato Potenza tra l’8 e il 9 settembre 1943, all’indomani dell’armistizio.
Uno dei bersagli degli alleati, infatti, era l’attigua Caserma Lucania, con il comando della milizia e della VII armata da cui dipendevano, all’epoca, le operazioni militari del Mezzogiorno.
Quando nella notte, si infransero i vetri del convento per lo spostamento d’aria provocato dagli ordigni, padre Mario Brienza, il guardiano che trascrisse gli accadimenti di quelle ore in un manoscritto, si diede alla fuga insieme agli altri frati trovando riparo in un rifugio costruito in una galleria sotto la villa di Santa Maria, sul lato opposto della strada.
Nel convento, intanto, i tetti erano crollati come alcuni muri. Solo un uomo, terrorizzato, era ancora all’interno: fra’ Serafino. Nella concitazione di quei momenti non era riuscito a trovare uno dei suoi sandali e, con un piede nudo, si aggirava tra i locali devastati fino a quando non decise di nascondersi in chiesa. Rimase lì tutta la notte, mentre le bombe continuavano cadere sempre più vicine.
La chiesa rimase inspiegabilmente intoccata dagli ordigni e l’indomani mattina, fra’ Serafino fu ritrovato, scalzo, del tutto incolume.
La Chiesa di Santa Maria del Sepolcro è un piccolo scrigno che racchiude molte storie: quelle dei conti de Guevara, signori di Potenza, che qui decisero di stabilire il sepolcro di famiglia, quelle dei primi Templari che giunsero intorno al 1100 e forse, è sempre qui, che potrebbe essersi compiuto uno dei miracoli attribuiti a San Gerardo con l’acqua di un’antica fontana trasformata in vino.