Una delle testimonianze più importanti del passato di Banzi è senz’altro la Tabula Bantina.
Rinvenuta nel 1790 tra i resti di un’antica tomba sul monte Montrone, la Tabula Bantina è datata tra il II e il I secolo a.C. Essa ha consentito di venire a conoscenza di quello che fu un grande cambiamento per l’antica Bantia, l’odierna Banzi, che allora comprendeva anche Oppido Lucano, nel cui agro è avvenuto il ritrovamento.
Facciamo un salto indietro nel tempo, precisamente tra il VII e il IV secolo avanti Cristo, quando l’antica Bantia sorgeva al confine tra Apulia e Lucania adagiata su un’altura nei pressi del fiume Bradano. Si trattava di un insediamento organizzato in nuclei sparsi che, con la fondazione della vicina Venusia, sarebbe diventato a tutti gli effetti una colonia romana, passando da civitas libera a un’organizzazione municipale. Con il loro arrivo, poi, i Romani avrebbero imposto la loro lingua alla popolazione della federazione bantina.
Tale passaggio è stato ricostruito grazie a una serie di ritrovamenti, tra i quali quello della stessa Tabula Bantina, che si è rivelata un reperto cruciale per comprendere e ripercorrere le tappe e l’evoluzione della storia e della civiltà di Banzi. La tavola altro non è che una lastra in bronzo incisa su entrambe le facciate, riportanti leggi romane e norme osche.
Le informazioni incise sulla tavola sono in lingua osca e trascritte con l’alfabeto latino e riguardavano lo statuto municipale di Bantia. Da un lato vi era la lex agraria Appuleia, dall’altro la lex osca che regolava l’accesso alle cariche pubbliche.
Oltre a dare indicazioni riguardo Banzi e il territorio circostante, la Tabula Bantina è uno dei pochi documenti, e perciò molto prezioso, della lingua osca.
Oggi la Tabula Bantina è conservata a Napoli, mentre il Museo Archeologico di Venosa ne conserva un frammento rinvenuto nel 1968.