Intorno a noi, c’è il bianco accecante del Sasso Caveoso, a Matera; sotto ai nostri piedi, una distesa di tombe scavate nella roccia.
Sono i resti dell’antica necropoli di Santa Lucia alle Malve, conosciuta dai materani soprattutto con il nome “cimitero barbarico“.
Trovarsi quasi per caso a passeggiare tra queste tombe vuote, godendo di un panorama mozzafiato sulla città, è una sensazione che provoca quasi un senso di vertigine perché difficilmente si può immaginare un luogo di sepoltura sopra un centro abitato vivo e brulicante. È la stessa sensazione che fece scrivere a Carlo Levi, in Cristo si è fermato ad Eboli, “I morti stanno sopra i vivi”: una sensazione formidabile che passa tra i palmi con un brivido in cui si respira tutta la magia del tempo.
La necropoli si trova su un pianoro che sovrasta il complesso monastico di Santa Lucia alle Malve a cui si accede grazie ad alcuni gradini. Qui, colpiscono subito le dimensioni delle tombe: sono molte piccole ma sono appartenute a persone adulte, a materani dell’alto Medioevo, vissuti tra il IX e il X secolo. All’epoca, infatti, l’altezza media degli individui era molto inferiore rispetto ad oggi. In origine, i loculi erano coperti da lastroni tombali agganciati a piccoli denti che correvano lungo il margine superiore della fossa.
Il sito è struggente, complice anche il panorama intorno, soprattutto quando si alza un vento sferzante: allora, il paesaggio della Murgia materana scavata dalla Gravina è seducente come una Sibilla. E questo posto antico risplende del fascino della vita che fu.