“Rocco e i suoi fratelli” è un film del 1960 diretto da Luchino Visconti, il quale giunse in Basilicata tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960 per apprendere la realtà contadina locale, misera e dignitosa, ritenuta elemento fondamentale per il racconto legato al dramma dell’immigrazione.
Durante il viaggio a Matera e Pisticci, il regista Visconti e i suoi più intimi collaboratori acquisirono la consapevolezza necessaria per individuare la tipologia dei diversi personaggi e, soprattutto, per delinearne i tratti culturali: i protagonisti della vicenda si ispirano a persone reali, con un vissuto simile.
Il film racconta la storia della vedova Rosaria che si trasferisce coi figli Rocco, Simone, Ciro e Luca dalla Lucania a Milano, luogo in cui è già immigrato il primogenito Vincenzo. Dei quattro fratelli, Rocco (interpretato da Alain Delon) cerca fortuna nella boxe, ma il suo desiderio è quello di tornare al paese. Simone viene travolto dalla passione per una giovane prostituta, Nadia, che in un secondo momento gli preferisce proprio Rocco. Questo fa andare su tutte le furie Simone che compie un omicidio ai danni della donna. Finirà in galera nonostante il tentativo dei familiari (escluso Ciro) di proteggerlo.
I capolavori scritti da Carlo Levi e da Rocco Scotellaro hanno sempre stimolato fortemente Visconti, il quale avverte un grande senso di curiosità verso il Meridione. La pellicola è densa di fattori identificativi della cultura lucana: il pane di Matera, la collana di aglio appeso nella cucina di Rosaria, il suo vestito nero pieno di spilli e spilloni.
Il regista milanese visitò i paesi lucani al fine di attingere idee e cogliere fisionomie, modi e costumi, forme e natura. Ad esempio Rosaria, che nel film interpreta la madre lucana, appare con il capo coperto per tutta la prima parte valorizzando così il vestito tipico della “pacchiana”, ossia della contadina di Pisticci e del Metapontino; la figura di Rocco, invece, riprende il nome del campione della boxe degli anni Cinquanta, il potentino Rocco Mazzola. Si tratta di un omaggio che il regista rese al mondo del pugilato e all’atleta lucano.
Anche se nulla o quasi venne girato in Basilicata, Visconti fu tra i primi a intravedere nella regione un potenziale set cinematografico. Così intrigato a tal punto da suggerire ai registi successivi una terra autentica e ricca di significati, che presto incanterà personalità del calibro di Pier Paolo Pasolini, Francesco Rosi, Giuseppe Tornatore, Mel Gibson e tanti altri.
a cura di Guido Tortorelli