“C’è una storia di pietra lunga duemila metri e anche di più.
È una storia di racconti e di visioni.
Di segni impressi lungo il percorso delle sette pietre.
Dice di quelle donne, le masciare, che si ungevano con l’olio fatato raccolto nella cavità di un albero di ulivo.
Dice di quando attraversavano la notte sulla groppa di cani bianchi.
Dice di Vito, il contadino, e di quando, preso da fattura d’amore, ballava con le streghe”.
Era il 2004 quando Mimmo Sammartino pubblicava “Vito ballava con le streghe” che da qualche anno si è trasformato in un affascinante sentiero che collega due incantevoli borghi lucani: Castelmezzano e Pietrapertosa.
Quelli che separano i paesini sono circa due chilometri e ci sono diversi modi per spostarsi: ci sono i mezzi “convenzionali”, ma c’è anche chi sceglie di “volare” sospeso tra le cime delle Dolomiti Lucane e chi decide di intraprendere un sentiero non pavimentato che ripercorre una storia incisa su “sette pietre”, alle quali corrispondono altrettante tappe.
Questa è l’ispirazione che ha portato alla creazione del percorso delle sette pietre che unisce arte scenografica e tecnologia per far rivivere la vicenda di Vito, il contadino che si innamora di una strega, salvo poi scoprire che il suo sentimento non è nient’altro che il frutto amaro di un filtro d’amore, prodotto dalla donna.
Partendo dal cimitero di Castelmezzano, seguendo il percorso indicato, si scende a valle fino a trovarsi al cospetto dell’Antro delle streghe; successivamente si attraversa il ponte romano sul torrente Caperrino e si imbocca il sentiero che, immerso nel lussureggiante bosco, conduce fino alla meta finale: Pietrapertosa. Ovviamente il percorso può essere anche fatto all’inverso, ed è accessibile per chi non è particolarmente allenato o esperto di trekking.
In un fantasmagorico scenario, in un emozionante sali-scendi (dai 770 metri sul livello del mare di Castelmezzano si arriva ai 920 di Pietrapertosa, passando per valle) ci si immerge nell’esperienza dell’estasi di Vito e si esplora la memoria popolare percorrendo un sentiero immaginifico che trae ispirazione dai racconti tramandati di generazione in generazione, e dalla memoria popolare su cui si fonda il testo dell’autore. Magia, finzione letteraria e superstizione si fondono completamente con la natura.
Ognuna delle sette tappe corrisponde a uno stadio della follia d’amore di Vito e del racconto che Sammartino ne fa: destini, incanto, sortilegio, streghe, volo, ballo, delirio. Proprio la tappa delle streghe assume un ruolo cruciale essendo quella in cui al viandante viene proposta l’intera storia.
Così un antico tratturo diventa il teatro di un’opera evocativa, di un racconto suggestivo, e al visitatore sembra difficile distinguere la realtà dall’onirico, la follia dall’amore, mentre le pietre fanno, ancora una volta, da spettatrici.
“Ma questo è sogno o verità? E chi può dirlo? Io ti sto dicendo solo che ho portato i cani e che stanotte, se vuoi, puoi volare.
E lui ballò con le streghe, fino al delirio. E lui lo fece suo sposo.
Le pietre del mondo di sotto guardarono con invidia Vito e la strega sollevarsi dalle vigne, dagli orti e dagli acquitrini.”