“Shhttt—Bisogna fare silenzio per immergersi in questo viaggio”, ci direbbe lo scrittore campano Giambattista Basile accompagnandoci in questo itinerario nella magica e misteriosa Basilicata. “Stateve citt”, ci ripeterebbe, in dialetto: nascosto in ogni anfratto, un orco potrebbe sorprenderci o un drago potrebbe sollevarsi dalle profondità di un lago.
Per avventurarsi, occorre stare attenti a ogni sospiro.
Giambattista Basile ha scritto “Lo cunto de li cunti”, summa fantastica da cui hanno attinto a pieno mani i fratelli Grimm, Perrault e Andersen. Ciò che non tutti sanno, è che in quest’articolata e nerissima summa di fiabe e leggende barocche, i luoghi descritti sono in buona parte lucani ed è proprio in Basilicata che lo scrittore ci conduce. Alla scoperta delle radici dei nostri sogni e incubi.
Seguiamo Basile fino ad Acerenza. Qui, si rimane esterrefatti dalla bellezza dell’antica “città cattedrale” appollaiata sul colle. In questo borgo lo scrittore ha soggiornato a lungo, a partire dal 1630, presso la corte del duca Galeazzo Pinelli. Potremmo vagare per delle ore tra le stradine medievali, invece ci dirigiamo verso i boschi che lambiscono il borgo. Qui, “Ninnillo e Ninnella”, ribattezzati “Hansel e Grethel” dai fratelli Grimm, potrebbero essersi persi tra le “case dell’orco”, strutture in pietra con un camino utile – si dice- per cucinare i bambini. Sempre qui, quindi, si pensa dimorasse anche un altro orco, descritto nella favola macabra “La pulce”, tradotta in magia visionaria dal regista Matteo Garrone nel film “Il racconto dei racconti”. Altri, invece, sostengono che il terribile personaggio a cui va in sposa la dolce Viola potrebbe aver vissuto altrove, magari nelle Gole del Platano, il suggestivo canyon nei pressi di Balvano.
La locandina del film di Matteo Garrone tratto da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile
Lo scrittore, conducendoci per mano in questo itinerario, non ci svela nulla, lasciandoci alle suggestioni della fantasia e di un passato dove tutto è possibile, persino trovare la pietra filosofale, a Pietragalla, tra i suoi palmenti. La prima fiaba del quarto libro di Basile s’intitola, infatti, “la Pietra del Gallo”, rimando necessario e neppure tanto anagrammato a questa località. Qui, si snoda il racconto di Mineco Aniello. Il ragazzo ottiene la pietra della giovinezza ma la perde a causa di due maghi. Riuscirà a recuperarla altrove, nella bella Pertosa, la nostra stupefacente Pietrapertosa.
In questo immaginifico viaggio, raggiungiamo il castello di Lagopesole. Sulle mura del maniero ci osserva l’effigie triste di una giovane dalle lunghe trecce. È Petrosinella, divenuta famosa come “Raperenzolo”, la dama dai lunghissimi capelli rinchiusa in un castello. Mentre Basile sorride sornione, ci torna alla mente, per analogia, la storia infelice di Elena Degli Angeli, la sfortunata moglie di Manfredi imprigionata, qui, da Carlo D’Angiò e il cui fantasma vagherebbe ancora tra queste pietre. Il desiderio della bellezza e della vita eterna, s’impossessa di noi a Vaglio, dove si celerebbe la fonte dell’eterna giovinezza, nei pressi del santuario della dea Mefitis. Un intreccio delicato in cui storia e mito si accarezzano l’un l’altra.
L’ultima tappa del nostro tour è il massiccio del Pollino. Nella lussureggiante vegetazione del Parco nazionale, Basile ci indica alcune vette, tra cui quella del monte Dolcedorme, al confine tra Basilicata e Calabria. Lassù, da qualche parte, dormiva la Bella addormentata nel bosco il cui nome, nella versione originale dello scrittore campano, era proprio Dolcedorme. ..
(A cura di Alessandra Accardo)