La periferia di Atella, paese di 3600 abitanti nel cuore della Valle di Vitalba, tra Lagopesole e il Vulture, nasconde un segreto antico migliaia di anni.
All’ombra del vulcano oggi spento, infatti, qui ebbe luogo una scena di caccia terribile le cui ombre ancora si rincorrono, impresse indelebilmente nella pietra, là dove sorgeva un lago pliocenico oggi scomparso.
L’ampio specchio d’acqua lacustre, tra 700 000 e 500 000 anni fa, era una meta ambita da molti animali di grosse dimensioni, come i buoi o gli elefanti preistorici. Il posto perfetto anche per gli Homo erectus che qui potevano tendere trappole mortali.
In un giorno imprecisato dell’Acheuleano inferiore, nei pressi del moderno cimitero comunale di Atella, un gruppo di ominidi costringeva un enorme elefante preistorico ad allontanarsi dal suo branco e a impantanarsi nella melma, spaventandolo col fuoco e con lanci di pietre.
Poi, gli uomini lo accerchiarono colpendolo con amigdale appuntite, mentre l’esemplare di Elephas antiquus rimaneva bloccato nella fanghiglia senza alcuna speranza di salvezza.
Suo malgrado, questo pachiderma diventerà il protagonista di documentati resoconti sui metodi venatori della preistoria a partire dagli anni ’90 del 1900, quando un gruppo di ricercatori del Laboratorio di Paleontologia umana dell’Istituto di antropologia dell’Università di Firenze, guidato da Edoardo Borzatti von Lowenstern, troveranno le sue impronte, insieme a resti di denti, a un’intera zanna lunga oltre 2,60 metri e a utensili in pietra e osso usati dai cacciatori per sezionarne la carne.
Oggi il sito paleolitico di Atella è un posto pregevole in cui ammirare anche piccoli strumenti in selce mai ritrovati altrove. Chicche ed emozioni infinite custodite da millenni da questa terra, viva e dinamica.