“I monachicchi sono esseri piccolissimi, allegri, aerei, corrono veloci qua e là, e il loro maggior piacere è di fare ai cristiani ogni sorta di dispetti.” Così li descrive Carlo Levi in “Cristo si è fermato a Eboli”.
Ma non sono quasi mai cattivi, salvo nella tradizione marateota che li associa a figure demoniache. Secondo il folclore lucano sono gli spiriti dei bambini morti prima del battesimo. La loro volontà è il gioco: com’è possibile non amarli?
Perdere gli occhiali o le chiavi; oppure sentire un rumore incessante, continuo e cadenzato, per l’intera notte. Non importa cosa si faccia per capire da dove provenga quel suono: ogni ricerca è vana e il sonno è ormai perduto. Nei rari momenti di silenzio ci si gira nel letto chiedendosi se quel frastuono sia stato un miraggio. Poi, inevitabilmente, il suono ricomincia.
La tensione e la stanchezza rischiano di farci esplodere in accessi di rabbia. È un’esperienza comune quasi a tutti e a cui si tenta di dare spiegazioni razionali. Secondo una tradizione lucana antichissima, invece, si potrebbe semplicemente essere oggetto dei tiri burloni di una piccola presenza infantile.
Quest’idea potrebbe essere corroborata dalla percezione notturna di una risata argentina e allegra: è proprio quella del monachicchio.
La vulgata popolare descrive questo spiritello come minuto e grazioso, dagli occhi vivaci e gentili; è sempre sorridente e festoso. Indossa un cappello troppo grande per lui, di colore rosso – “u cuppulicchii” – e ne è gelosissimo. Benché sia quasi impossibile, riuscire a strapparglielo dal capo, tra il tintinnio delle monete d’oro che custodisce, significa porre fine ai suoi dispetti e indurlo in uno stato di prostrazione tale da farlo promettere di condurci presso straordinari tesori pur di riaverlo indietro.
Il monachiccio, infatti, è uno spirito legato alla terra di cui conosce ogni segreto. Tuttavia, il pianto di questo spirito bambino dev’essere intollerabile.
Per fortuna, solo raramente, raccontano le leggende, si prodiga in scherzi seccanti per gli adulti; ciò che ama davvero è la compagnia dei bambini con cui passa il tempo a correre e a giocare.
E allora sì, che dev’essere bello sentirlo ridere.
(Alessandra Accardo)