Il 17 gennaio, giorno in cui si celebra Sant’Antonio Abate, cominciano i festeggiamenti del carnevale in Basilicata. Alle prime luci dell’alba, Tricarico si risveglia col suono cupo e profondo dei campanacci. Le strade del borgo arabo – normanno sono attraversate da persone vestite di bianco con nastri colorati e cappelli a tesa larga: sono le vacche. Le seguono i pastori e altre figure nere, simili a demoni, con le corna sul capo: sono i “tori”. Alle loro spalle c’è la quaresima, vestita di nero e fiori. Sono le “Mash-k-r” e danno il via ai festeggiamenti fatti di rituali antichi e rappresentazioni. Proseguiranno fino al martedì grasso, in un’allegria contagiosa.
Da Tricarico, ci spostiamo verso San Mauro Forte, non troppo distante. È un borgo di 1417 abitanti, in provincia di Matera, noto per la produzione dell’olio. Nella sera del 17 gennaio, persone dai lunghi mantelli scuri e i cappelli di paglia sciamano nel centro. Sono quasi un paese intero e portano appesi al collo i campanacci. Il frastuono è intenso. Il loro suono sinistro è indemoniato e si propaga ovunque, tenendo lontane la sventura e la morte.
A Lavello, paese in provincia di Potenza nella valle del fiume Ofanto, durante il Carnevale a in scena la pantomima del Domino, vestito con cappuccio, tunica e mantella color rosso. Stringe tra le mani un sacchetto con il quale invita una ragazza a danzare. È un momento di gioia e libertà, in cui le maschera annullano ogni differenza. Tra musica, balli e cibo.
Spostandosi nel Parco Nazionale del Pollino, in provincia di Potenza, si arriva a Teana, piccolo borgo antichissimo di origine greco-latina. Qui si celebra uno dei riti carnascialeschi più amati: “l’Urs e U’ Carnuluvar”. Nelle vie del paese ha luogo la rappresentazione in cui il Carnevale, a causa della sua condotta immorale, è arrestato e processato. Tra lazzi,risa e un orso che genera scompiglio. Il corteo si muove mentre si balla e si canta in dialetto, fino alla piazza centrale dove ha luogo l’epilogo del processo.
Sempre in provincia di Potenza, nella mattina fredda della domenica che precede il martedì grasso, raggiungiamo Satriano, capitale lucana dei murales, arroccata su un colle a 653 metri sul livello del mare. Il borgo è invaso da una folla di alberi che camminano; provengono dal bosco. Sono i “Rumit”: uomini e donne dal corpo totalmente ricoperto di foglie d’edera. Si annunciano bussando alle porte con il “fruscìo” chiedendo qualcosa da mangiare. Poi, compaiono altre maschere evocative: l’Urs (l’orso), la zita (la sposa) e la Quaresima.
Non meno suggestivo è il Carnevale di Aliano, attraversato dalle maschere cornute il giorno del Martedì Grasso. Il loro incedere impetuoso e la loro figura riuscirono a stupire (e a tratti spaventare) anche Carlo Levi che le descrisse minuziosamente. Hanno corna e nasi enormi, per lo più di cartapesta, e cappelli ingombranti decorati con colori vivi e intensi. Urlano e ridono mettendo in scena una commedia improvvisata in dialetto (la Fras): un modo antico per scacciare fiere e malattie.
A Stigliano, il comune più alto della provincia di Matera, negli ultimi giorni del carnevale sfilano i carri allegorici di cartapesta, al suono di musiche assordanti con gruppi festosi che ballano in maschera. Tra le tante figure, spiccano soprattutto quelle tradizionali della “pacchiana”, con in testa uno scialle, e del “pastore”.
Un itinerario non esaustivo ma festoso e giocoso, alla scoperta della gioia e della cultura contadina lucana.