“Cristo si è fermato a Eboli”, tradotto in 37 lingue, ha reso possibile la scoperta della realtà contadina più arcaica, che Carlo Levi ebbe modo di conoscere durante la sua permanenza forzata in Basilicata. Questo itinerario ripercorre le tappe del confino leviano, accompagnando il visitatore nelle suggestioni di una vicenda senza tempo.
Nel 1935 Levi fu condannato a scontare tre anni di confino a Grassano, “bianco in cima ad un alto colle desolato, come una piccola Gerusalemme immaginaria nella solitudine di un deserto.” Egli subì immediatamente il fascino discreto dei suoi silenzi e della sua gente, tanto che dopo essere stato trasferito volle tornarci diverse volte per ritrovare le persone, gli amici, il clima. Questo sodalizio ha portato alla istituzione di un Parco Letterario, costruito attorno ai luoghi che hanno ispirato l’autore: il Corso, la Chiesa Madre, la Locanda Prisco dove dimorò, Palazzo Materi che racconta la Borghesia Agraria, la strada delle grotte, le strade delle casedde e dei lammioni.
A causa della sua vicinanza allo scalo ferroviario, Grassano non sembrava adatta al confino, perché consentiva l’arrivo di amici e parenti e la ricezione di posta che poteva sfuggire alla censura: Levi fu presto trasferito ad Aliano, quasi inaccessibile a quel tempo. Fu lì che si immerse nella profonda realtà meridionale di cui divenne, in qualche modo, portavoce. Oggi Aliano, con il suo Parco Letterario e il suo paesaggio lunare, è un tributo permanente all’artista e scrittore. Il complesso memoriale è composto dalla casa-museo, dal museo della civiltà contadina, dalla pinacoteca e dalla tomba di Levi; attivo dal 1998, è concepito per regalare una esperienza immersiva nei luoghi del confino e suscitare emozioni di meraviglia e stupore. Levi riposa nel cimitero di Aliano, per mantenere la promessa che aveva fatto ai suoi abitanti di tornare.
Le tracce permanenti del passaggio leviano in terra lucana non si esauriscono nelle pagine del romanzo, ma vivono nelle sue opere pittoriche e nel riscatto dei luoghi che egli raccontò. Levi restò profondamente impressionato da Matera e dai sassi, la cui visione suscitò immagini dantesche “Questi coni rovesciati, questi imbuti si chiamano Sassi (…). Hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante. La stradetta strettissima passava sui tetti delle case, se quelle così si possono chiamare”. Questa scoperta assunse un valore di denuncia presso una intera generazione di intellettuali italiani; così per Matera iniziò un nuovo capitolo, quella di monumento della civiltà contadina e testimonianza storico-culturale.
Oggi la città dei Sassi custodisce, nel Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Palazzo Lanfranchi, l’opera pittorica Lucania ’61: l’enorme tela di 18 metri è una raffigurazione della Lucania “con il suo contenuto di umanità, di dolore antico, di lavoro paziente, di coraggio di esistere”, e ruota intorno alla figura di Rocco Scotellaro, esponente simbolo del rapporto tra cultura politica, letteraria e il mondo rurale meridionale.