Ci sono musei che ci danno l’opportunità di rinascere in un’altra pelle e di far fondere il nostro respiro con quello di qualcun altro, venato di speranza e di malinconia.
Il museo dell’emigrazione lucana – che si trova all’interno del magnetico Castello di Lagopesole – è un luogo di questo tipo. Per capirlo, basta entrare nella prima delle quattro sale di cui è composto questo gioiellino multimediale. Qui, ci è consegnato un passaporto del Regno d’Italia. Si tratta di un grosso libretto di carta ingiallita su cui è riportato un nome: è quello del migrante di cui vestiremo i panni durante la visita.
Da questo momento in poi e fino alla fine del percorso in questo vero e proprio museo “dell’empatia”, noi saremo Felicia Muscio, Leonard Coviello, Antonio Petrone o uno dei tanti altri la cui storia è qui ricordata.
E finalmente ha inizio il nostro viaggio.
Nella prima sala, scopriamo la vita in Basilicata ai tempi del visita di Giuseppe Zanardelli, presidente del consiglio, nel 1902. Come lui, saliamo su un carretto trainato da un mulo – quasi l’unico mezzo di trasporto al tempo, in Lucania – e vediamo con i nostri occhi lo scenario devastante della miseria che, a quell’epoca, dilaniava la regione.
Eppure, in questo percorso non c’è disperazione: tutto è avvolto dalla magia, basta aprire una scatola o una vecchia valigia per sentire la viva voce di quanti furono costretti a lasciare case e affetti per andare in America o in Belgio.
Erano viaggi infiniti.
Nella seconda sala, saliamo a bordo di un treno: è quello che copriva la tratta Potenza – Napoli. Dalla città partenopea, infatti, c’imbarchiamo alla volta di New York. Dormiamo in camerata, nelle cuccette, insieme a molte altre persone, e vediamo la prua della nave agitarsi convulsamente nel mare in tempesta prima di approdare al limbo dei migranti: Ellis Island.
Grazie a un monitor, rispondiamo alle domande dei test che venivano posti ai nostri nonni e bisnonni. Qualcuno di loro riusciva a rispondere e a guadagnarsi il permesso di soggiorno, altri no. Ed erano rispediti a casa.
Ma noi ce l’abbiamo fatta, abbiamo passato la frontiera. Ad aspettarci, troviamo le storie di tanti migranti che abbiamo incontrato in questo viaggio: medici, architetti, insegnanti, donne coraggiose, attori del cinema, persone che hanno cambiato forse il volto del mondo. O, almeno, il loro destino.
Il museo dell’emigrazione lucana è un luogo di cultura meraviglioso che ci fa capire il passato e che, in qualche modo, ci regala uno sguardo diverso, e migliore, sul presente. Imperdibile.