A cura di Alessandra Accardo e Agnese Ferri
Con il contributo di Pasquale Doria
Podcast a cura di Alessandra Accardo
Progetto grafico di Stefano Cipolla
SCOPRI: MapMagazine – Percorso Scotellaro
L’IDENTIKIT
NOME: Rocco Scotellaro
DATA E LUOGO DI NASCITA: 19 aprile 1923, Tricarico
DATA E LUOGO DI MORTE: 15 dicembre 1953, Portici
LE SUE OPERE PIÙ FAMOSE: L’uva puttanella, Contadini del Sud, Uno si distrae al bivio, Giovani soli
A cento anni dalla nascita, la regione celebra il grande artista di Tricarico
IL POETA GENEROSO CHE HA PORTATO NEL MONDO LA SUA BASILICATA
di Alessandra Accardo
“Io sono uno degli altri”. In questa frase c‘è l’anima di Rocco Scotellaro, il “poeta della libertà contadina”, un modello per i lucani di ieri e di oggi.
“Gli altri” sono gli ultimi, “i dimenticati”: Scotellaro è con loro. Il suo sorriso e la sua capacità di parlare al cuore delle persone hanno incantato le masse e i singoli. Non importa se siano contadini o letterati. Per Eugenio Montale, Scotellaro è “un eroe garibaldino” e uno “Chagall della poesia”: magico, incantatore e con qualcosa di risplendente nella persona e nelle parole come l’infanzia. Qualcuno che tutti vorremmo incontrare e che, anzi, vorremmo diventare. Perché “gli altri”, per lui, sono sangue, braccia e anima. Da ascoltare, da “cantare”, da capire e da sostenere.
“Non soffiatemi in cuore / i vostri fiati caldi, contadini. / Beviamoci insieme una tazza colma di vino”.
Rocco Scotellaro con i suoi versi, il suo richiamo all’identità contadina lucana e il suo impegno politico e civile è come una porta che non si chiude mai e che attende di essere varcata dai lucani di ieri e di oggi. Con empatia, generosità e comprensione.
“Noi non ci bagneremo sulle spiagge / a mietere andremo noi / e il sole ci cuocerà come crosta di pane. / Abbiamo il collo duro, la faccia / di terra abbiamo e le braccia / di legna secca colore di mattoni”.
Rocco Scotellaro nasce il 19 aprile del 1923, a Tricarico, da padre calzolaio e da madre sarta. Muore il 15 dicembre 1953, a Portici. È un carismatico poeta, un fervente politico e uno dei più giovani sindaci socialisti d’Italia. Amato da Carlo Levi, di cui è grande amico, e da Eugenio Montale, è antifascista. Portavoce delle battaglie contadine, è leggendaria la sua empatia. “Arrivato sulla piazza di Tricarico, mi venne incontro” – racconta Levi – “un giovane piccolo, biondo dal viso lentigginoso, che sembrava un bambino: era Rocco, che mi si avvicinò col viso aperto dell’amicizia. Mi portò a visitare le case dei contadini, la Rabata, la casa di sua madre e la sua piccola stanza”.
È evidente il legame indissolubile con la terra, con la Basilicata.
“M’accompagna lo zirlìo dei grilli / e il suono del campano al collo / d’un’inquieta capretta. / Il vento mi fascia / di sottilissimi nastri d’argento / e là, nell’ombra delle nubi sperduto, / giace in frantumi un paesetto lucano”.
Dopo una breve parentesi a Potenza, Scotellaro si diploma al liceo classico di Trento. Nei suoi anni da studente, partecipa ai “ludi lucani della cultura” nel capoluogo e prende contatto con gli antifascisti lucani. Vive il dramma del bombardamento di Potenza all’indomani dell’8 settembre 1943 e lo racconta con una delicatezza inarrivabile.
“La giostra di via Pretoria / dopo giri più lenti s’è fermata / e tutto è maceria / di cose bombardate / crepacci di bombe e / fili penzoloni. / Ma l’ombra c’inganna la tarda memoria”.
Nel 1946, a soli 23 anni, viene eletto sindaco di Tricarico. Stringe solide amicizie con Carlo Levi, Manlio Rossi-Doria, Ernesto De Martino, Eugenio Montale e gli americani Friedrich Friedmann e George Peck. Come primo cittadino, Scotellaro fa costruire l’ospedale a Tricarico: una conquista cruciale. Il nosocomio più vicino, infatti, è a Potenza, raggiungibile solo a dorso di mulo.
Come sindaco, Scotellaro si schiera al fianco dei contadini nelle lotte per l’occupazione delle terre. Per alcuni è un “sovversivo”. Questo passo gli costerà accuse ingiuste per associazione a delinquere. È rinchiuso in carcere a Matera. Ai detenuti legge libri e racconta storie. Cristo si è fermato ad Eboli e la Divina Commedia sono tra i testi principali.
Gli amici intellettuali, sotto la spinta di Carlo Levi, si attivano per una campagna in suo favore. Prosciolto da ogni accusa, Scotellaro, amareggiato, si dimette dalla carica e lascia Tricarico per perseguire la carriera letteraria. A Roma, frequenta l’élite culturale e intesse una relazione di amicizia solida con la poetessa Amelia Rosselli.
Scrive il libro autobiografico L’uva puttanella e raccoglie circa un centinaio di poesie sulla vita contadina.
Comincia, inoltre, uno studio sui contadini nel sud, ma non riesce a completarlo: un infarto lo uccide appena trentenne. È il 15 dicembre 1953.
Grazie all’amico Carlo Levi, i suoi scritti sono pubblicati postumi. I suoi versi gli valgono la vittoria, nel 1954, del Premio Viareggio e del Premio San Pellegrino.
Levi fa scrivere sulla sua tomba a Tricarico “Poeta della libertà contadina” e realizza Lucania ’61 un capolavoro di 21 metri oggi esposto a Palazzo Lanfranchi, a Matera. La tela è una corale della Basilicata e l’amico Rocco è un profeta: la possibilità di riscatto di un’intera regione è nelle sue parole.
“Egli è sempre senza macchia; più bello di tutti lui, cresciuto nel sole e nella pioggia”.
In Basilicata.
L’emozionante scoperta di un giornalista
IL BIGLIETTO INEDITO SUL “GIUOCO DELLA VITA” SCOVATO IN ARCHIVIO
di Pasquale Doria*
Otto per cinque centimetri. È lo spazio sufficiente a contenere un biglietto da visita. Poco più di un francobollo, quanto basta per veicolare informazioni essenziali. Eppure, ne ho trovato uno speciale che si è trasformato in una luminosa finestra spalancata sull’universo. L’ho scoperto nell’Archivio di Stato a Matera, impossibile sfuggire al suo messaggio: “Questo giuoco della vita, la stecca colpisce la biglia; c’è un quadro di silenzio in un minuto. Nessuno può sapere dove si va a finire”. Segue la firma: l’autore è Rocco Scotellaro.
La reazione è stata naturale, un concentrato di emozioni e stupore. Subito dopo, hanno iniziato a rincorrersi i dubbi. Più tardi, con calma, ho cercato di entrare in quella finestra e, in definitiva, mi sono chiesto se avesse senso limitare in un perimetro lucano la vita e l’opera di Scotellaro. Avevo tra le mani un biglietto da visita e, se non lo avessi girato, avrei potuto finirla lì. E invece, calandomi in un inatteso corridoio di luce ho trovato uno spazio enorme, privo di confini. Lo spunto per riflettere sulla condizione umana, che non può essere delimitata geograficamente. Lo stesso discorso vale nel rapporto dell’uomo con se stesso e con gli altri. Il quadro di silenzio, lo spazio del panno verde, quello del biliardo, è finito, delimitato. La sua misurazione può avvenire in un minuto, in un tempo breve come il soffio vitale di un’esistenza, lunga appena trent’anni. Ma nessuno può sapere in anticipo dove si va a finire.
Nella poesia di Scotellaro ci sono Tricarico, la Basilicata, il Mezzogiorno e il riscatto delle classi subalterne, ma anche tutte le Lucanie e i Sud del mondo. Insomma, quel pezzo di carta si è tramutato in un’occasione per una riflessione impellente, che non è possibile rimandare. È il viaggio che non può interrompersi, come non si ferma la ricerca delle risposte alle nuove domande: “Dite buon uomo – chiese – sempre ritornando dove posso arrivare? E quegli senza scomporsi: E dimmi, figlio mio, sempre andando avanti io dove vado a finire?”.
Forse si può arrivare dove fu confinato Carlo Levi, un confino il cui perimetro divenne l’universo mondo: “La Lucania mi pare più di ogni altro, un luogo vero (…) La tensione interna di questo mondo è la ragione della sua verità: in esso storia e mitologia, attualità e eternità sono coincidenti”. Il sindaco contadino delle Lucanie nel mondo lo sapeva bene: “Io sono un filo d’erba, un filo d’erba che trema. E la mia Patria è dove l’erba trema”.
*(Giornalista e autore di numerosi libri, tra cui Il Prezzo della libertà. Lettere da Portici)
La famiglia e una comunità sempre solidale
TRICARICO E IL SUO SINDACO TRA ORGOGLIO E RIMPIANTO
di Agnese Ferri
Ascolta “3. Tricarico e il suo sindaco tra orgoglio e rimpianto (Agnese Ferri)” su Spreaker.
Negli anni ’50 gli abitanti di Tricarico erano tre volte quelli di oggi. La storia ce lo racconta come un crocevia di popoli e di avvenimenti: qui sono passati i greci, i normanni, gli arabi. Nel dedalo delle vie, nei nomi dei quartieri, il tempo si è sedimentato.
Scotellaro vi nacque nel 1923 da Vincenzo e Francesca Armento. Calzolaio lui, sarta lei. Ago e filo, ma anche carta e penna: era la scrivana del paese e leggeva per gli altri, se ne stava sempre immersa nelle parole. Eppure, quando scoprì l’amore del figlio Rocco per la scrittura, restò perplessa. Avrebbe preferito “un mestiere vero” e dubbiosa accolse anche la scelta di Rocco di candidarsi a sindaco. È il 1946, e Tricarico lo elegge. Tricarico che nel 1950 non crede alle accuse contro di lui, si schiera e difende quel ragazzo dal volto ovale e pulito.
Tricarico, quando in piazza Garibaldi incontravi Carlo Levi e l’amicizia, come la poesia, si faceva atto politico. Conversazioni di lotta e di terra con lo sguardo rivolto ai contadini che nei visi, nelle mani e nel cuore avevano la stessa ruvidezza dei tratturi di campagna dove Rocco giocava a perdersi.
Ed è sempre Tricarico che si stringe a lui nel giorno dei suoi funerali e sorregge Francesca, la madre, cui nessuno voleva dare quel dolore giunto nottetempo: «Me lo sentivo. Vi stavo aspettando», disse quella notte di dicembre.
La morte del suo sindaco illuminato e appena trentenne dirotta la storia di questo paese.
Oggi Tricarico resta sospeso e ricorda quell’impegno, quello sguardo acuminato su strade e pietre mandate a memoria, una per una. Una geografia d’amore e d’impegno.
Amicizie e affinità con gli intellettuali
CARLO LEVI, UN FRATELLO. AMELIA ROSSELLI, L’AMORE
di Alessandra Accardo
Ascolta “4. Carlo Levi un fratello, Amelia Rosselli l’amore (Alessandra Accardo)” su Spreaker.
“Rocco Scotellaro è un fratello. Siamo legati dall’amore della nostra somiglianza, la definizione più bella ed emozionante dei nostri rapporti, ma anche la definizione del rapporto di Rocco Scotellaro con il mondo”. Un sentimento forte quello tra Carlo Levi e il poeta della libertà contadina, entrambi convinti che la poesia, come la politica, possa essere veicolo di trasformazione della realtà.
A Roma, Carlo Levi introduce Scotellaro nell’élite culturale. Rocco è trascinante, brillante e si fa amare da tutti.
“Era una testa solida, il ragazzo di Tricarico, uno di quei tipi che hanno sempre qualche idea loro da darti e qualche idea tua da farti germogliare in mente” dice di lui Italo Calvino. Per Eugenio Montale, invece: “Avvincente, generoso, entusiasta, con qualcosa della tempra di un eroe garibaldino; uno di quegli uomini che lasciano una scia dietro di sé… Un uomo nuovo. E non c’è dubbio che in un simile solco si manterrà vivo il suo ricordo anche tra chi, come me, si rammarica di averlo incontrato troppo raramente”.
Sempre nella capitale, Scotellaro conosce Amelia Rosselli: è una poetessa ebrea, figlia di Carlo Rosselli, l’antifascista ucciso per volere di Ciano e Mussolini nel 1940. Tra i due nasce un’amicizia intensa che, per un periodo, li porta a vivere insieme: uno scandalo per l’epoca.
«Dopo che la luna fu immediatamente calata / ti presi fra le braccia, morto…Un Cristo piccolino / a cui m’inchino / non crocefisso ma dolcemente abbandonato, disincantato/ Mi sforzo… / a pensarti senza vita/non è possibile, chi l’ha inventata questa bugia».
Così scrive Amelia alla morte di Rocco. Un anno dopo viene ricoverata in un ospedale psichiatrico.
Nella poesia l’infinito amore per la sua terra
“GIACE IN FRANTUMI UN PAESETTO LUCANO”
“È un pastore oggi quel mio amico, ha fatto la guerra, adulto, cadente e sgangherato, ma egli è sempre senza macchia; se lo guarda la donna più bella del mondo non si copre la bocca vuota dei denti con le mani, ma l’apre e ride, più bello di tutti lui, cresciuto nel sole e nella pioggia”. (L’uva puttanella, Bari, Editori Laterza, 1955)
“Mi sono fermato in un punto. Numerose strade mi chiamano. Io resto al bivio ostinato a non mettermi per nessuna di quelle strade, se il cielo della mia gioventù prima non si conclude e non resta documentato, glorificato. Soffro, ho sofferto. La prova che ho veramente esistito me la dai tu, come ti dico”. (Uno si distrae al bivio, Roma-Matera, Basilicata Editrice, 1974)
“M’accompagna lo zirlio dei grilli / E il suono del campano al collo / D’una inquieta capretta. / Il vento mi fascia / Di sottilissimi nastri d’argento / E là, nell’ombra delle nubi sperduto / Giace in frantumi un paesetto lucano”. (Lucania. Poesia tratta da È fatto giorno, 1940-1953. Milano, Mondadori, 1954)
“Non gridatemi più dentro/ non soffiatemi in cuore / i vostri fiati caldi contadini. / Beviamoci insieme una tazza colma di vino / che all’ilare tempo della sera / s’acquieti il nostro vento disperato. / Spuntano ai pali ancora le teste dei briganti, e la caverna – / l’oasi verde della triste speranza – / lindo conserva un guanciale di pietra… / Ma nei sentieri non si torna indietro. / Altre ali fuggiranno dalle paglie della cova, / perché lungo il perire dei tempi /l’alba è nuova, è nuova”. (Sempre nuova è l’alba. Poesia tratta da Tutte le opere, a cura di Franco Vitelli, Giulia Dell’Aquila, Sebastiano Martelli, Milano, Mondadori, 2019)
LA BASILICATA DI ROCCO IN 10 TAPPE
A Tricarico
1. La casa, affaccio sulla vita contadina
Il poeta della libertà contadina ha vissuto gran parte della sua vita in via Rocco Scotellaro 37, nel centro storico di Tricarico. Sulla facciata dell’abitazione c’è una targa commemorativa. Si entra dal vicolo sul retro, in via Sette Colli. Qui, c’è la piccola stanza di Rocco e il balconcino che si affaccia sui tetti, verso la conca di Sant’Antonio da cui Scotellaro vedeva la processione dei mietitori cominciata “già nella notte” mentre “Nel viottolo budello / i ferri dei muli sulle selci / suonano mattutino”.
2.La casa comunale, la vita politica tra passione e rabbia
In via Rocco Scotellaro, c’è la Casa comunale. Qui, lavora il sindaco Rocco Scotellaro tra il 1946 e il 1950. All’ingresso, una targa riporta i versi di “Pozzanghera nera il 18 aprile” quando, nel 1948, il fonte popolare dei partiti della sinistra è sconfitto clamorosamente. La rabbia di Rocco prorompe in poesia: “I portoni ce li hanno sbarrati / si sono spalancati i burroni. / Oggi ancora e duemila anni / porteremo gli stessi panni. / Noi siamo rimasti la turba / la turba dei pezzenti, / quelli che strappano ai padroni / le maschere coi denti”.
3. Piazza Garibaldi, il luogo del divenire
Piazza Garibaldi è un luogo importante per Rocco Scotellaro. Qui, nasce l’amicizia con Carlo Levi nel 1946. Levi è a Tricarico per un comizio quando incontra per la prima volta Rocco “col viso aperto dell’amicizia”. Sempre qui, Scotellaro è ritratto mentre parla ai contadini presso la Loggetta della Cappella di San Pancrazio durante le elezioni comunali del 1948. Su una targa i versi di “È fatto giorno”: “È fatto giorno siamo entrati in giuoco anche noi / con i panni e le scarpe e le facce che avevamo”.
4. L’ospedale civile, l’impegno e la democrazia partecipata
Nel Palazzo vescovile c’è il primo nucleo dell’Ospedale di Tricarico voluto da Rocco Scotellaro. È una delle sue opere più importanti in veste di sindaco. Per realizzarla, istituisce un Comitato promotore per la raccolta dei fondi e per la gestione dell’ospedale. Poi, dà il via a una vera e propria campagna di democrazia partecipata. La mobilitazione popolare, soprattutto contadina, è enorme. Persino il Presidente Enrico de Nicola in una lettera si congratula con il primo cittadino di Tricarico per il progetto.
5. La tomba, uno sguardo all’alba
La tomba di Rocco Scotellaro si trova lungo il muro di cinta del cimitero di Tricarico, in un punto da cui si scorge “il versante lungo del Basento”, amato dal poeta. È stata realizzata nel 1957 su proposta di Carlo Levi dal gruppo di architetti BBPR (Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers) in pietra locale. Vi sono incisi i versi di “Sempre nuova è l’alba”: Ma nei sentieri non si torna indietro / altre ali fuggiranno / dalle paglie della cova, / perché lungo il perire dei tempi / l’alba è nuova, è nuova.
A Potenza
6. L’Orazio Flacco, amicizie, possibilità e passione poetica
Nel 1939, Rocco Scotellaro studia al Liceo classico statale Quinto Orazio Flacco di Potenza (l’istituto è stato ricostruito in via Vaccaro dopo il bombardamento del ’43). Questo periodo è molto importante per Scotellaro: ha modo di conoscere la città, si appassiona ulteriormente alle lettere e stringe rapporti con studenti lucani e campani, cruciali per la sua maturazione politica e letteraria. Il poeta si apre al mondo per la prima volta. Tuttavia, Rocco si diplomerà a Trento, dove vive la sorella.
7. Piazza Mario Pagano, l’impegno antifascista
Nell’aprile del 1943, Scotellaro partecipa ai ludi lucani della cultura, indetti dal Guf (Gruppi universitari fascisti) presso la Prefettura di Potenza. L’obiettivo è l’indottrinamento dei giovani fascisti. Invece, per molti giovani è un’opportunità per incontrarsi e lavorare sull’opposizione al regime. Qui, Rocco si fa notare. Eugenio Colorni – al confino a Melfi e ideatore con Spinelli del Manifesto di Ventotene – incoraggia Tommaso Pedio a prendere contatti con questo ragazzo “su cui si può contare”.
8. Santa Maria, il temporale delle bombe sulle casette nuove
All’indomani dell’8 settembre 1943, il quartiere Santa Maria a Potenza è al centro di un massiccio bombardamento ed è devastato. Rocco Scotellaro ne parla ne “L’uva Puttanella”, attraverso la vicenda dei fratelli Mileo, di Tricarico: “Al rione Santa Maria c’erano le casette nuove, la scuola degli Allievi Ufficiali, ragazzi alti che passeggiavano impugnando la spada. Caddero le bombe, fu un temporale. I nipoti avevano guardato la città luccicante fino dal Cupolicchio, il monte boscoso a metà strada.”
A Matera
9. Il carcere di Matera, l’ingiustizia e la redenzione poetica
Per 45 giorni, dal 9 febbraio al 25 marzo 1950, Rocco Scotellaro è rinchiuso ingiustamente nel carcere di Matera, in via San Biagio, con l’accusa di concussione. Si trova nella camerata numero 7. Carlo Levi e altri intellettuali stanno portando avanti una vera e propria campagna in suo favore. Ma nella casa circondariale, Rocco ascolta le storie degli altri prigionieri e legge loro libri, poesie e passaggi di “Cristo si è fermato ad Eboli”. Oggi, all’interno del carcere c’è una mostra documentaria permanente e una targa che lo ricorda.
10. Lucania ’61, un capolavoro di 20 metri
In esposizione a Palazzo Lanfranchi, a Matera, c’è “Lucania ’61”, un vero e proprio monumento a Rocco Scotellaro. È un capolavoro pittorico di 20 metri, realizzato da Carlo Levi per la mostra “Italia ’61”, a Torino. Il quadro è un racconto corale della storia della Basilicata. Al centro, tra maghe e contadini, è ritratto Rocco Scotellaro: parla in piazza, quasi come un profeta. Guttuso definì questo quadro, dalla forte connotazione politica, un’opera che “avrebbe potuto realizzare Giuseppe Verdi se fosse stato un pittore”.
Libri da non perdere
SCOTELLARO, IL MITO, IL GENIO, LA POESIA
LA STORIA DI POTENZA (DI ALESSANDRA ACCARDO, TYPIMEDIA EDITORE)
LA STORIA DI MATERA (DI SILVIA TRUPO, TYPIMEDIA EDITORE)
È FATTO GIORNO (DI ROCCO SCOTELLARO, MONDADORI)
L’UVA PUTTANELLA. CONTADINI DEL SUD (DI ROCCO SCOTELLARO, LATERZA)
IL PREZZO DELLA LIBERTÀ. LETTERE DA PORTICI (A CURA DI PASQUALE DORIA, EDIZIONI GIANNATELLI)
LETTERE A TOMMASO PEDIO (DI ROCCO SCOTELLARO, OSANNA EDIZIONI)
UNO SI DISTRAE AL BIVIO (DI ROCCO SCOTELLARO, BASILICATA EDITRICE)