È domenica, le campane della chiesa suonano a festa, una giovane coppia è appena diventata una famiglia e nei vicoli di Rotondella urla di gioia di parenti e amici accolgono coloro che, da oggi, sono marito e moglie. Subito dopo la cerimonia, il lancio del riso e le consuete congratulazioni sul sagrato della chiesa de u Cunvent (il Convento), i due coniugi si dirigono verso la casa dove prima abitava la sposa, il luogo che ne ha raccolto e raccontato la sua giovinezza.
Ma, prima di dare il via ai festeggiamenti, c’è una tradizione da rispettare, un appuntamento che non può essere disatteso agli occhi di tutti i parenti di questa nuova famiglia che sta per nascere: una bambina, generalmente tra i 6 e i 7 anni, recita una poesia di buon augurio per i nuovi coniugi.
Arrivati in casa, marito e moglie prendono posto accanto al focolare, circondati dai propri affetti. Sono tutti in silenzio, in attesa che la bambina salga sul tavolo e reciti la poesia:
“Fate largo che arriva la sposa, dall’altare maggiore è tornata più bella.
A me sembra una candida rosa, buttate fiori ai carissimi sposi.
Sposa che ti sei vestita di bianco, guarda la tua mamma che piange che perde la sua figlia maggiore. Dai uno sguardo alla tua camera da letto, quanti sogni dorati che ci hai fatto.
Ora te ne vai dalla tua casa paterna per formare un’altra famiglia.
Il sole gira intorno alla luna. Io vi auguro Buona Fortuna!”.
Al termine del sonetto, la piccola interprete lancia dei fiori verso gli sposi tra gli applausi dei presenti e tra le lacrime dei protagonisti commossi dal componimento.