È il 1932. Giovani donne sorridono davanti all’obiettivo di una macchina fotografica. Ma con moderazione, come si conviene a delle fanciulle “per bene”. Alcune, tentano di mettere in mostra il proprio profilo migliore. Allora, non doveva capitare molto spesso di posare per una foto e ci si preoccupava perché tutto fosse perfetto. I loro capelli sono acconciati con cura, secondo la moda dell’epoca. Nessun riccio fuori posto, nessuna sbavatura nei colletti; qualche cappello a tesa larga o qualche foulard a domare chiome forse ribelli. Appaiono così le ragazze della scuola di taglio e confezione cattolica a Potenza tra alcuni preti con espressioni severe.
Sono le nostre nonne o le nostre bisnonne. Belle, giovani ed eleganti nei loro abiti migliori. Negli anni ’30 del ‘900 il tempo scorreva lento, scandito dai doveri della famiglia e del lavoro. Il ruolo della donna era rigidamente inquadrato, incasellato tra le regole del “buon cristiano” e quelli imposti dal regime fascista. Umiltà, dedizione, spirito di sacrificio ma anche grazia e riservatezza. Erano questi alcuni dei valori chiave a cui soggiaceva la formazione femminile che avveniva per lo più all’interno degli oratori e della Gioventù Cattolica Italiana. L’ago e il filo erano i compagni più ostinati della vita di fanciulle e signore mature. Erano il mezzo attraverso cui mantenere vive le tradizioni, ma anche rammendare, riparare vestiti o realizzare coperte, materassi, cuscini, interi corredi… e tessere i propri desideri utilizzando la propria creatività attraverso un linguaggio unico e spesso segreto, condiviso tra sorelle e amiche. Tutto questo è quanto ci racconta questa immagine tratta dal volume “Come Eravamo Potenza” (Typimedia Editore). E quasi non si riesce a smettere di guardala.