La Basilicata, conosciuta per la bellezza del suo territorio, è un luogo in cui si vive prevalentemente di agricoltura e pastorizia. Non a caso molti piatti lucani fanno il giro del mondo e tantissimi prodotti hanno la denominazione IGP.
Ma, questi titoli e questa fama, conquistati dopo anni di fatiche, potrebbero essere legati anche a delle superstizioni che, se seguite alla lettera, hanno potuto apportare migliorie nelle coltivazioni. Ci sono, infatti, molte credenze legate al settore primario, che per un contadino è bene conoscere.
Il primo riguarda l’albero delle noci: si racconta che la crescita del tronco di questo albero, sia legato alla vita del proprio padrone. Se la larghezza del tronco, diventa grande quanto la circonferenza della testa del suo proprietario, questo è destinato a morire. Nei paesi dell’entroterra lucano, gli anziani, autentiche enciclopedie storiche viventi, sarebbero pronti a giurare di aver assistito a morti improvvise causate dalla crescita del tronco di questo albero.
La seconda superstizione è legata agli animali: questi possono essere “affascinati” esattamente come l’uomo. Se, ad esempio, una mucca ha le mammelle piene di latte e qualcuno le osserva con cattiveria, la mucca perderà d’improvviso tutto il suo bene prezioso.
Ma, anche l’animale potrà essere “sfascinato” dalla maciara e il rito, molto simile a quello che si adotta per l’uomo, prevede che questa, per togliere il malocchio, debba stringere tra le mani una ciocca di peli della mucca, tagliata preferibilmente dalla sua fronte. In questo modo la fattucchiera potrà liberare l’animale dal malocchio e le sue mammelle potranno nuovamente sfamare i vitellini e produrre latte.
L’altra credenza popolare è legata al vino: affinché venga buono, bisogna vendemmiare con la luna piena. E la stessa luna dovrà esserci al momento del primo assaggio. Solo così si eviterà di degustare un vino che sappia di aceto!