Sant’Aronzio, il primo patrono di Potenza, subì un crudele martirio.
Secondo una leggenda, avvenne lungo il fiume Basento, sotto il ponte di San Vito, il giorno 27 agosto in un anno compreso tra il 238 e il 288 d.C.
Tra il II e il III sec. d.C. il cristianesimo era ormai dilagato anche in Italia e, infiltratosi profondamente e trasversalmente nel tessuto sociale, contribuiva a mettere in discussione l’autorità di Roma in un momento in cui questa, peraltro, era già duramente provata dalle continue tensioni politiche e sociali. Da tempo, infatti, i cristiani erano diventati il perfetto capro espiatorio della crisi romana contro cui venivano messe in atto vere e proprie persecuzioni e molte restrizioni al culto e alla partecipazione alla vita pubblica come quelle operate da Massimino il Trace che si era spinto fino a espellere alcuni senatori che, a suo dire, erano troppo vicini ad ambienti filo cristiani.
È in questo contesto, secondo un’antica tradizione, che sarebbe giunto in Basilicata Aronzio. L’uomo, proveniente da Adrumeto, in Africa, era giunto nell’Italia meridionale tra il 238 e il 288 d.C. insieme ai suoi fratelli Onorato, Fortunaziano e Sabiniano, allo scopo di portare avanti opera di proselitismo nella penisola.
Secondo la leggenda, al Santo fu imposta la scelta tra l’abiura alla propria fede e la vita da parte di alcuni soldati romani nei pressi del ponte di San Vito ancora in costruzione, a Potenza, lungo il percorso di quella che sarebbe stata, di lì a poco, la via Herculea, sulle sponde del fiume Basento. Aronzio pare abbia guardato senza alcuna paura quelli che di lì a poco sarebbero stati i suoi carnefici.
Senza alcun sussulto, si lasciò decapitare.
Ancora oggi, ogni credente che giunge nei pressi del ponte innalza una preghiera e si fa il segno della croce.