Rocco Scotellaro nasce a Tricarico (Matera) il 19 aprile del 1923. In una regione di contadini in cui il tasso di analfabetismo è ancora di circa il 50%, ha la fortuna di appartenere ad una famiglia di artigiani scolarizzati. Il papà Vincenzo è un calzolaio, mentre la mamma Francesca è, oltre che sarta, la scrivana del paese. Rocco compie brillantemente gli studi prima in regione, muovendosi tra Tricarico, Matera e Potenza, poi a Trento (dove vive con una sorella), conseguendo, nel 1941, la maturità classica. Tenterà anche di laurearsi in giurisprudenza ma la morte del padre, nel 1942, lo porterà ad abbandonare gli studi e a tornare a Tricarico.
Negli anni scolastici ha maturato un interesse sia per la letteratura sia per la politica. Ama parlare e discorrere con la gente del suo paese, quel “mondo contadino” che poi riversa nelle poesie. Si iscrive al Partito Socialista e, nel 1946, viene eletto sindaco di Tricarico a soli 23 anni. Rocco è un bravissimo oratore, dotato di straordinaria empatia e capacità di confronto, che gli permettono di guadagnarsi il rispetto di tutti, dal vescovo, ai contadini, agli intellettuali. Già amico del compaesano medico, scrittore e grande meridionalista Rocco Mazzarone, stringe amicizia anche con Carlo Levi, Manlio Rossi-Doria, Ernesto De Martino, gli americani Friedrich Friedmann e George Peck.
La stagione delle lotte per l’occupazione delle terre, alla fine degli anni ‘40, lo vede, da sindaco, al fianco dei contadini. Ciò gli procura seri problemi: accuse false e infamanti lo portano al carcere prima nel settembre 1948 e poi di nuovo nel febbraio del 1950. Prosciolto completamente già a marzo, amareggiato decide comunque di dimettersi e di lasciare il paese per perseguire la carriera letteraria a Roma, dove lavora con Einaudi.
La voglia di impegnarsi per il suo Mezzogiorno e i “suoi” contadini è, però troppo forte: collabora nella redazione del Piano regionale di sviluppo della Basilicata della SVIMEZ, occupandosi in particolare di analfabetismo e istruzione. Nel frattempo continua a scrivere, ricevendo riconoscimenti nazionali come il Premio Cattolica per la poesia dialettale (1951) seguito dal Premio Monticchio (1952) e quello Borgese (1953). I più importanti, tuttavia, il Premio Viareggio per la poesia e il Premio San Pellegrino (1954), gli saranno attribuiti postumi: il 15 dicembre del 1953 è stroncato da un infarto improvviso. È sepolto a Tricarico, sotto una lapide con i suoi stessi bellissimi versi a fargli da epitaffio:
“Ma nei sentieri non si torna indietro.
Altre ali fuggiranno
dalle paglie della cova,
perché lungo il perire dei tempi
l’alba è nuova, è nuova.”
(Da Sempre nuova è l’alba, 1948, vv. 11-15).