Nel 1735 Carlo di Borbone durante il viaggio verso Palermo, sede dell’incoronazione, sostò brevemente nel materano e nella fascia ionica e rimase impressionato dalle condizioni di vita, tanto da incaricare il ministro Tanucci di lavorare su un’inchiesta. Questi, a sua volta, incaricò Rodrigo Maria Gaudioso, avvocato fiscale dell’Udienza di Matera, di stilare una relazione sulle condizioni economiche e sociali della provincia di Basilicata.
Gaudioso, con celerità, richiese agli amministratori delle università (comuni) della Basilicata delle relazioni che indicassero in particolare: posizione, abitanti, produzione, giurisdizione, amministrazione, introiti e tasse.
La ricca relazione evidenziò prima di tutto quanto fosse variegata la provincia di Basilicata: oltre al capoluogo di Matera, vi erano 117 centri abitati distribuiti in quattro “ripartimenti” definita come una delle “più spaziose del Regno”. Di questi “ripartimenti”, la gran parte era composta da piccoli nuclei abitati con una popolazione inferiore ai mille abitanti, centri difficilmente raggiungibili. La gran parte aveva un’economia di tipo pastorale con non poche difficoltà nell’agricoltura, e comunque con una modalità molto arretrata.
Venne fuori la sofferenza di Matera: vi era un numero altissimo di nullatenenti su cui gravavano le tasse; non c’erano collegamenti per rendere fruibile un vero e proprio sviluppo del territorio; i mezzi per lavorare la terra erano arretrati; l’economia si basava ancora sul baratto; l’amministrazione del comune era gestita dai nobili, che erano liberi di imporre tasse alla povera gente. Il benessere quindi apparteneva solo a ristretti gruppi di feudatari.
Il dossier “Descrizione della Provincia di Basilicata fatta Per ordine di Sua Maestà” del 1736 fu uno spiraglio di speranza per la Basilicata, eppure Gaudioso omise molte parti. Il ritratto che ne risultò fu comunque quello di un territorio con un’organizzazione chiusa e gerarchica, con a capo i “sacerdoti-amministratori”.