Il peperone che fa crick e crock, che mette d’accordo tutti i palati e che abbellisce le strade della Basilicata: è il Crusco.
Il particolare ecotipo di questa verdura le conferisce un sapore dolce e una croccantezza talmente inconfondibile che ha finito col connotarne il nome: “crusco”, infatti, in dialetto lucano significa “croccante”. Ormai noto e coltivato in tutta l’area della Basilicata, è il peperone di Senise, comune della provincia di Potenza, ad aver ottenuto, nel 2016, il marchio IGP (indicazione geografica protetta). In quella zona, alle pendici del parco nazionale del Pollino, il Crusco ha trovato un terreno molto adatto alla sua crescita.
La coltivazione inizia solitamente nei mesi di febbraio o marzo e la raccolta, rigorosamente a mano e a completa maturazione, avviene ad agosto. Poi si passa alla fase di essiccazione.
Su teli di stoffa, i peperoni vengono fatti essiccare al buio e in luoghi ben areati per un paio di giorni. Dopodiché si procede con ago e spago a creare le “serte”, vale a dire delle collane lunghe fino a due metri che vengono appesi a balconi, a scale, e in generale per le strade, per continuare a farli essiccare in modo naturale, al sole. Nei diversi paesi della Basilicata questo è un rituale vero e proprio e queste ghirlande rosse, oggi, sono anche utilizzate per decorare le cucine (purché che ci sia un buon ricambio d’aria).
Una volta puliti con un panno, i peperoni vengono fritti in olio extravergine d’oliva bollente: è in questo momento che acquisiscono quella croccantezza unica. Ma anche in fase di frittura ci sono delle regole molto ferree per raggiungere un ottimo risultato: la temperatura, il tempo di permanenza nell’olio e la salatura.
Dal disciplinare di produzione dell’IGP la coltivazione è prevista anche nei comuni di Francavilla in Sinni, Chiaromonte, Valsinni, Colobraro, Tursi, Noepoli, San Giorgo Lucano, Sant’Arcangelo, Roccanova, Montalbano Jonico e Craco, rispettando sempre tutti i punti che lo rendono unico. Eppure, le origini del peperone crusco sono americane, in particolare sarebbe arrivato in Italia direttamente dalle Antille tra il 1500 e il 1600.
Ad oggi, oltre che nelle ricette più tradizionali, per esempio nelle orecchiette con cime di rapa e peperone crusco, questa prelibatezza la possiamo trovare anche all’interno dei panettoni, dei panzerotti, del cioccolato, e anche, grazie alla sua polvere rossa, sotto forma di pasta. Per essere sicuri dell’autenticità durante l’acquisto, basterà sincerarsi della presenza del marchio IGP, con due peperoni che formano la lettera “S”. Solitamente vengono venduti in barattoli di vetro o in bustine plastificate, oppure direttamente in “serte”.