È il 16 settembre 1943 e Vincenzo Saponara, maestro lucano di Tolve (Potenza), ancora non sa che questa sarà una data che non dimenticherà mai.
Si trova nei pressi di Alessandria quando viene preso di forza e caricato sul treno viaggiatori che lo avrebbe portato, insieme con tantissimi altri italiani, nel campo di concentramento di Moosburg (Germania). Durante il lungo viaggio, non è previsto mangiare, bere e per i bisogni fisiologici c’è un bidone comune. Ogni vagone contiene quaranta persone, quaranta anime, quaranta vite spezzate, quaranta memorie da tramandare, sorvegliate attentamente dai militari tedeschi.
È tarda sera quando il carro bestiame che l’ha trasportato arriva a destinazione. Vincenzo scende e la prima cosa che fa è alzare il volto al cielo e aprire la bocca per bere un po’ d’acqua. La pioggia lo accompagnerà per gran parte della sua permanenza nel lager e spesso diventerà una nemica per il freddo e per l’impossibilità di asciugarsi.
Da questo momento Vincenzo è soltanto un numero, il 115762, che appartiene ai tedeschi, che decideranno della sua vita e del suo futuro. Verrà trasferito a Freising e qui lavorerà come ferroviere. Perderà 30 kg, lavorando undici ore al giorno e mangiando solo patate bollite, cavoli e barbabietole. Ma nonostante questo Vincenzo si sente fortunato perché nella sua camerata c’è una stufa che lo salverà dal freddo e poi ha fatto amicizia con gli altri deportati e questo gli scalda l’anima.
Dopo due anni, il 30 aprile 1945, il maestro Saponara torna libero e rientra a Tolve per insegnare ai suoi alunni l’importanza della memoria, del racconto e della custodia della storia.
Lui, maestro per vocazione, lo farà per tutta la vita, raccogliendo i suoi amari e indelebili ricordi, in un libro dal titolo “Dietro il recinto di filo spinato. Da Moosburg a Freising: ricordi di un maestro lucano dai campi di concentramento”.