Era il 1905. A Potenza, le donne si recavano presso le fontane del centro storico per prendere l’acqua: ne avevano bisogno per bere, per cucinare, per pulire e per lavarsi. Queste fonti zampillanti erano punti nevralgici della vita comunitaria: le amiche si incontravano per fare due chiacchiere o si raccoglievano informazioni sull’attualità e sui conoscenti. Qualche volta, nei pressi delle fontane, nascevano amori destinati a durare per sempre. Non stupisce, quindi, che le donne cercassero di apparire al meglio nei loro bei costumi tradizionali. Anche quando le possibilità economiche erano scarse, si cercava di essere eleganti nelle belle gonne lunghe e larghe fino alla caviglia.
Via Pretoria, che attraeva persone dai borghi vicini, doveva sembrare un piccolo manuale etnografico e del costume. Gli abiti della tradizione aviglianesi, di Bella, di Pignola o di Muro Lucano si mostravano in tutta la loro affascinante diversità nella stessa maniera in cui si mescolavano i dialetti.
Le donne potentine ritratte in questo scatto pubblicato nel volume “Come eravamo – Potenza”, di Typimedia editore, indossavano un vistoso cappello fatto di due lunghi strati di tessuti sovrapposti, di colore diverso. La bacchetta di legno da cui erano sorretti conferiva un portamento dignitoso e ritto. La signora apparentemente più anziana del gruppo, sulla sinistra, indossa invece “u maccatur”, il fazzoletto di cotone legato dietro la nuca. Nel suo sguardo c’è un’allegria che quasi stride con l’espressione seria assunta dalle altre figure immortalate.
Il pranzo da preparare, la lettera di un parente lontano emigrato Oltreoceano, le condizioni dei raccolti, l’apprensione per un figlio… Di tutto questo le donne parlavano davanti alla fontana e ci guardano, oggi, da questa fotografia sbiadita.
Possiamo solo supporre i loro pensieri e immaginare il suono delle loro voci. Sono ombre e volti di oltre di un secolo fa; ci guardano dal passato con una composta fiducia nel futuro.
Una cartolina dei tempi andati che ci inonda di senso e di bellezza.