Sull’espiazione dei peccati, se ne dicono tante e ogni religione, usanza o diceria è legata ad una punizione che permette al peccatore di redimersi. In Basilicata, però, nell’entroterra della provincia materana, il peccato viene raccontato come un fardello di cui doversi liberare.
Una leggenda racconta, infatti, di una donna che era in attesa di un figlio non desiderato. Questa gravidanza, tenuta nascosta fino alla fine grazie alle vesti larghe che permettevano di nascondere il pancione che cresceva, ebbe un epilogo terrificante. Un giorno la donna, mentre lavorava nei campi, ha partorito ma subito dopo aver dato alla luce suo figlio, l’ha ucciso e seppellito proprio dove si recava quotidianamente a lavorare.
Da quel terribile giorno era passato più di un anno, la donna tornava su quel terreno ogni giorno per lavoro ma una mattina un coniglio bianco, le gironzolava attorno inconsapevole che sarebbe stato catturato e portato via per essere mangiato.
Mentre la donna cenava, in compagnia della sorella, con la quale degustava il coniglio, un osso del coniglio le si andò di traverso, fino a bloccarle il respiro. La sorella, preoccupata, le chiese di confessare un peccato, qualora lo avesse, incitandola a tranquillizzarsi e a raccontare la verità.
Così dopo qualche minuto, la donna, affaticata dall’osso in gola, per la prima volta da quel terribile giorno, confessò tutto.
Subito dopo la confessione, la donna tornò immediatamente a respirare, incredula per quanto le era accaduto. La sorella, dal canto suo, fece di questa storia una leggenda, raccontando che i peccati, se non vengono espiati, devono essere almeno raccontati, altrimenti tormenteranno per sempre chi li ha commessi.