Alle prime luci dell’alba del 17 gennaio, festa di sant’Antonio Abate, Tricarico si risveglia col suono cupo e profondo dei campanacci. Il borgo arabo – normanno che ha uno dei centri storici meglio conservati della Basilicata tanto da indurre facilmente i viandanti a lasciarsi andare a fantasticherie nel tempo e nello spazio, si vede attraversato da persone vestite di bianco con lunghissimi nastri dai colori sgargianti e cappelli a tesa larga che testimoniano il lavoro di giorni, nel tepore delle case della comunità: sono le vacche, personificate quasi sempre, da individui di sesso maschile. Con loro, in questa rappresentazione carnascialesca della transumanza, poesia elevata a pratica di allevamento, si muovono i pastori, con gli abiti tipici, e altre figure, vestite di nero con qualche dettaglio rosso e lunghe corna scure sul capo. Sembrano demoni usciti dall’inferno. Sgambettano veloci tra i vicoli oppure restano quasi fermi procedendo lenti come in attesa di compiere agguati. Sono i “tori” . Un’ultima maschera segue: è la quaresima, il periodo che precede la Pasqua fatto di digiuno e moderazione. È vestita di nero e di fiori.
I protagonisti di questa festa che segna l’inizio del carnevale sono ora tutti presenti. Le “Mash-k-r”, le maschere in dialetto locale, guideranno quello stato di ridanciana allegria diffusa che terminerà la domenica prima del Martedì Grasso.
Non c’è un momento più gioioso di questo. La frenesia dell’ilarità che si protrarrà per giorni è nell’aria e tutti vi partecipano. È così da tempo immemore. Il carnevale, infatti, ha origini antichissime. In principio, era la festa che inneggiava alla terra, alla sua fecondità dopo il gelo invernale e che avrebbe garantito nutrimento e abbondanza per tutti gli esseri viventi.
In queste ore, vige solo la legge del riso: tutto ciò che è dolore o malattia cede il passo.
Intanto, nel centro storico del paese vivificato, vacche e tori mettono in scena la cerimonia dell’accoppiamento. L’ilarità è al suo vertice. Seguirà la questua per raccogliere quanto più possibile da mangiare. Il cibo sarà poi consumato, tutti insieme, nelle piazze mentre la musica degli organetti e dei tamburi tipici risuona per le strade e i vicoli come una melodia incantata che induca i partecipanti a ballare fino allo sfinimento.
Non importa quale età si abbia: adulti e bambini sono ora uguali, travolti dalla stessa, sana ed effervescente, follia.