Le vicende che condussero Potenza ad essere la prima provincia dell’Italia continentale a opporsi ai Borboni hanno come protagonista Giacinto Albini, un patriota originario di Montemurro e definito da Mazzini “fratello della patria”.
La sorte di Giacinto Albini era forse già segnata il giorno della sua nascita, avvenuta a Napoli nel marzo 1821, proprio mentre la città partenopea era teatro dei moti contro l’assolutismo monarchico. Nel 1843 si laureò in legge, senza mai esercitare la professione d’avvocato, e nel 1845 fondò una scuola di giurisprudenza e letteratura, scrivendo contemporaneamente una raccolta di poesie e una grammatica italiana. Ma la politica era la sua vera passione. Il 15 maggio 1848, a Napoli, quando la tensione tra i gruppi democratici e la monarchia confluì nei sanguinosi scontri tra i liberali e le truppe, anche Giacinto era in piazza, sulle barricate. E fu proprio in quel frangente che forse ebbe l’idea di dare vita a un’attività cospiratrice in Basilicata. La regione, infatti, aveva una posizione di cerniera tra le province meridionali e le sue strade erano tra le meno presidiate dalle truppe borboniche. Dei vantaggi che, in futuro, sarebbero stati cruciali.
Agnini cominciò ad operare sul territorio lucano, in particolare a Montemurro, la città dove, già da qualche anno, era ritornato. Nel maggio del 1857, però, venne arrestato e costretto al domicilio coatto. Pochi mesi dopo, un violento terremoto rase al suolo il suo paese e molti altri centri della regione. La popolazione era devastata e l’assenza di risposte adeguate da parte del Governo accelerò il processo ormai in moto che avrebbe portato, di lì a poco, alla cacciata dei Borboni.
Nel 1859, Giacinto, in raccordo con il Comitato di Napoli, istituì a Corleto Perticara un comitato territoriale. Presto, le sue ramificazioni si sarebbero molto estese. L’obiettivo era la rivolta delle province lucane a partire da Potenza. Ormai prodittatore della Basilicata, insieme al tarantino Mignogna e al colonnello Boldoni, uomo di fiducia di Cavour, lavorò alla sollevazione antiborbonica del 18 agosto 1860.
Quando il capoluogo lucano dichiarò decaduto Francesco II e proclamò la sua annessione al futuro Regno d’Italia, la fama di Albini raggiunse l’apice. Il 6 settembre riceveva la carica di governatore della regione da Garibaldi. Poi, fu eletto deputato e fu nominato ufficiale di dipartimento dell’ex presidenza del consiglio di Napoli. Fu Sindaco di Montemurro dal 1876 al 1878. Morì a Potenza l’11 marzo 1884, ricordato con fervore da tutti i suoi contemporanei.