“Io volevo solamente l’unione di tutte le forze della libertà contro la reazione e la violenza fascista. Nella nostra mensa sedevano uomini che lottavano fra loro: Sturzo e Modigliani, Turati e Salvemini. Tutti riuniti nello stesso ideale di vita”.
Francesco Saverio Nitti è stato presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia, ministro, economista, saggista, uno dei massimi esperti della questione Meridionale e, soprattutto, antifascista. Nacque a Melfi il 19 luglio 1868 da una famiglia dai forti sentimenti antiborbonici. Appena 7 anni prima della sua nascita, suo nonno, un medico con un passato da carbonaro, era stato ucciso a Venosa dalla Banda di Crocco. Un particolare, questo, che in futuro gli avrebbe certamente instillato il desiderio di comprendere in profondità il brigantaggio e la questione meridionale.
Nel 1890 si laureò in Giurisprudenza a Napoli. In questo periodo strinse profonde amicizie con gli intellettuali partenopei e fondò con Benedetto Croce “La società dei Nove musi”, uno dei ritrovi per le menti più brillanti dell’epoca. Nel 1899 fu docente di Scienza delle Finanze e Diritto finanziario all’Università di Napoli.
In quegli anni, Nitti affrontò più volte la questione meridionale. Non poteva, infatti, non notare che lo sviluppo delle province del Nord spesso dipendeva dagli immensi sacrifici del Sud. Da economista, rilevò anche le profonde sperequazioni fiscali tra il settentrione e il meridione. Città come Potenza e Campobasso subivano pressioni fiscali maggiori di Alessandria e Arezzo. Una situazione insostenibile. Eletto deputato nel 1904, fu ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel quarto governo Giolitti e Ministro del Tesoro del governo Orlando nel 1917 fino a diventare Presidente del Consiglio nel 1919, all’indomani della fine della prima guerra mondiale e con l’occupazione di Fiume da parte di D’annunzio.
Ma il periodo più buio stava per arrivare.
Il 16 novembre 1922 quando Mussolini era alla Camera con la lista dei suoi ministri, Nitti abbandonò l’aula. Non intendeva riconoscere la legittimità del governo fascista. Le intimidazioni lo indussero ad allontanarsi da Roma e stabilirsi a Maratea. Ma non era al sicuro. Scampato all’aggressione di un gruppo fascista fece ritorno a Roma. Le minacce contro di lui e la sua famiglia si moltiplicavano; la sua casa, in Prati, fu saccheggiata. Era giunto il momento dell’esilio.
Per 20 anni Nitti rimase in Francia dove diede luogo ad attività antifasciste. Nell’estate del 1943, però, fu trovato e arrestato dalla Gestapo e deportato in Austria. Fu liberato nel maggio del 1945 dalle truppe francesi. Morì a Roma il 20 febbraio 1953.