Francesco Ranaldi nasce nel 1924 a Potenza un luogo che, salvo brevi parentesi, non abbandonerà mai. Un aspetto, che forse già delinea il quadro di un uomo che contribuirà in maniera decisiva alla rinascita culturale potentina e che manifesterà sempre un deciso attaccamento alla storia e alla cultura della sua regione.
Dopo essersi diplomato al liceo magistrale e aver coltivato la passione per lo studio dell’archeologia, segue i corsi dell’Accademia di belle arti a Napoli. Qui, scopre la pittura, passione che coltiverà per tutta la vita. Sulle sue tele, espressioniste e spesso malinconiche, prendono forma a tinte molto forti, dense e pastose, i volti e la natura della Lucania.
Per un breve periodo insegna disegno e storia dell’arte nelle scuole della Basilicata, ma nel 1954 Ranaldi diventa il direttore del Museo archeologico di Potenza. In questi anni, anima il dibattito culturale in città organizzando vivaci discussioni nelle librerie del centro storico con personaggi carismatici come Carlo Levi, Leonardo Sinisgalli, Giuseppe Ungaretti e Achille Bonito Oliva.
Ma la sua fama è legata soprattutto ad alcune importanti scoperte archeologiche come quella di Serra di Vaglio, col florido abitato del IV secolo a.C. lungo le vie dei traffici con la Magna Grecia; oppure di Oppido, con la necropoli del IV-V secolo a.C.
Il suo nome, però, è legato soprattutto al Tuppo dei Sassi di Filiano. È qui che, nel 1964, ha luogo un rinvenimento davvero memorabile: quell’anno, Ranaldi scopre – sotto un riparo che oggi porta il suo nome – alcuni graffiti in ocra rossa. Risalgono a circa 10.000 anni fa. Sono ritratte figure di animali, cervi con grandi palchi e alcune immagini antropomorfe tra cui una molto più grande delle altre: è la rappresentazione di uno sciamano oppure, più probabilmente, della Dea Madre. La notizia della scoperta di questo luogo sacro in Basilicata apparirà due anni dopo su London News provocando molta sensazione fra gli studiosi di tutta Europa.