«Monaco saglie, monaco scinne/, monaco saglie, monaco scinne..»
(Monaco sale, monaco scende)
Così recitava un’antica formula magica che, nella provincia di Potenza, alcuni esponenti del clero usavano per terrorizzare il volgo e indurlo a pagare le decime. I preti, grazie a queste parole, si racconta potessero librarsi nell’aria e comandare le nuvole producendo uragani in grado di distruggere i raccolti.
Poi i tempi sono cambiati e, oggi, ciò che resta di quelle secolari e variopinte pratiche propiziatorie permane, in forme diverse, solo in alcune manifestazioni arboree, come quelle del Maggio di Accettura.
Particolarmente importanti, però, almeno fino ai primi decenni del 1900, sono stati gli scongiuri ripetuti per contrastare le tempeste. Di questo parla diffusamente anche l’etnologo Ernesto De Martino, nel volume “Sud e Magia”. I suoi resoconti si basano sui racconti fatti allo studioso da un vecchio arciprete, Don Pellettieri, e da Margherita d’Armento, una donna all’epoca dei fatti quasi centenaria, entrambi originari di Viggiano.
Questo paese dell’Alta Val d’Agri, in provincia di Potenza, è noto soprattutto per il Centro Oli dell’ENI. In realtà, la sua tradizione è molto più poetica, legata alla produzione dell’arpa e al culto della Madonna Nera, che ha qui il suo importantissimo santuario.
Una volta, racconta Margherita a De Martino, una sua giovane nipote, vedova, osò rifiutare le attenzioni di un sacerdote. Il prete, roso dalla rabbia, si recò sulle sponde del fiume Agri. Tra le mani aveva un mestolo che batté più volte sulla superficie dell’acqua, increspandola. Immediatamente, l’uomo si trasformò in un nembo temporalesco e in questa sua nuova forma si abbatté sul raccolto della giovane, devastandolo. La terribile vendetta si compì per alcuni anni. Ma un giorno, un precettore – invocando la Madonna e i Santi – riuscì a fermarlo. Solo allora la disgrazia ebbe fine.