Fra i mestieri più in voga, tra le donne del sud Italia nella metà del secolo scorso, c’era sicuramente quello della sarta. Un lavoro che si imparava a casa, tramandato di madre in figlia, come una reliquia da custodire e proteggere per portare alto il nome della famiglia e, allo stesso tempo, per garantire la pagnotta.
Ma la passione per la sartoria, che in Basilicata non veniva vissuto solo come un lavoro, ma anche come motore di aggregazione sociale tra donne, portava con sé delle tradizioni che hanno il sapore della scaramanzia.
Immaginiamo un mucchietto di ragazze in cerca di marito, che mentre cuciono l’abito da sposa alla vicina di casa, sognano il loro principe azzurro mentre le loro mamme, le redarguiscono perché se non prestassero attenzione a dove infilano l’ago, potrebbero pungersi le dita e sporcare di sangue la stoffa bianca come il latte.
In realtà le giovani sarte forse, in cuor loro, sperano davvero di pungersi perché, la leggenda narra che ogni dito che sarà punto in fase di cucitura, nasconde un significato ben preciso, che prevederà il futuro.
La punzecchiatura del pollice, vuol dire che il futuro sarà piacevole. Se a pungersi è l’indice, vuol dire che è in arrivo qualche dispiacere. Se il dito malcapitato è il medio, allora ci sono lettere in arrivo. Se ad essere pizzicato dalla punta dell’ago è l’anulare, significa che il cuore della giovane sarta presto sarà colpito dalla freccia dell’amore lanciata da Cupido. E infine se sarà il mignolo a pungersi, allora vuol dire che la fortunata cucitrice sarà sorpresa da un regalo.
Non sappiamo se e quanti, di questi racconti, siano veri, ma è piacevole pensare che è normale fantasticare e viaggiare con la mente, soprattutto mentre si svolge un lavoro così impegnativo come quello della sarta.