Il 3 febbraio 1799, a Piazza Matteotti, a Potenza, è issato l’albero della libertà. Si tratta di un’asta adorna di bandiere su cui fa bella mostra di sé un berretto frigio rosso, simbolo dei giacobini durante la Rivoluzione francese. È ispirato a quello innalzato a Parigi nel 1790 dai repubblicani. I Borboni sono rinnegati.
In città si respira aria di festa e una qualche potente euforia s’impossessa dei potentini dando l’illusione che tutto sia possibile. Non sono giorni qualunque, questi: nel 1798 è sorta la Repubblica Romana seguita, nel gennaio del 1799, da quella Napoletana. Gli chi di quelle vicende stanno infiammando il meridione e il capoluogo lucano è pronto ad accoglierli grazie anche al supporto del giurista, illuminista di fama europea ma originario di Brienza, Francesco Mario Pagano.
Il vescovo Andrea Serrao è in prima fila per benedire l’albero della libertà, solo a stento riesce a contenere la gioia per questo evento. Tutti covano il desiderio di una maggiore giustizia sociale. Quello stesso giorno, si eleggono i membri del governo della città e si costituisce un esercito della guardia per tutelare la nascente Repubblica Potentina. Sarà la sua rovina: alla fine di febbraio i soldati, d’accordo con le truppe borboniche, distruggono l’albero a piazza Matteotti e massacrano il vescovo. È la fine di un sogno