Antonio Busciolano nacque a Potenza, il 15 gennaio 1823. Da bambino, si fermava a lungo nelle chiese a guardare le statue dei santi, illuminate solo dalla luce delle candele, per poi cercare di riprodurle con la creta, insieme al fratello Michele. Sarebbe rimasto ore a modellare e a sentire l’argilla che scivolava tra le dita mentre cercava di dare una forma compiuta ai suoi pensieri. Col tempo, i suoi lavori divennero così ben dettagliati e realistici da rendere evidente a tutti il suo talento. In città, infatti, erano in molti a chiedergli di realizzare piccoli busti o statuette. Tra questi, anche l’allora vescovo di Potenza, Ignazio Marolda. Terminato il lavoro, però, pare che il pastore si sia lamentò per essere stato ritratto con una guancia più sporgente dall’altra. Busciolano, ancora ragazzino, si dice gli abbia risposto per le rime facendogli notare l’inequivocabile asimmetria del volto a riprova di una scultura perfettamente aderente al vero.
A 13 anni, rimasto orfano di padre, ottenne un vitalizio con il quale poté frequentare gli studi di Belle Arti a Napoli. In quegli anni, pur nel mezzo della terribile epidemia di colera che stava mietendo migliaia di vittime, i sentimenti democratici e liberali già si diffondevano tra gli studenti della vivace città partenopea e Antonio ne rimase affascinato. Nel frattempo, però, proseguiva i suoi studi con passione e accanimento diventando il pupillo dello scultore Tito Angelini.
Il suo lavoro diventava sempre più apprezzato tanto che, nel 1843, una sua scultura di San Giovannino Dormiente (oggi andata perduta) gli valse una medaglia all’Esposizione napoletana. Dopo un breve periodo di formazione trascorso a Roma in cui si accostò alla scultura di Thorvaldesen, Busciolano tornò a Napoli, nel 1850. È in questa fase che l’artista pose in essere le sue sculture più note tra cui l’Immacolata e i Santi Pietro e Paolo sull’altare maggiore della Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli e, nel 1866, una parte della Colonna dei Martiri nell’omonima piazza della città partenopea, scolpendo il “Leone Morente”, uno dei quattro leoni alla base.
Ma l’opera per cui i suoi concittadini lo ricordano maggiormente è la statua in stile neoclassico del tempietto di San Gerardo, il patrono di Potenza, vescovo dal 1111 al 1119, fulcro della devozione popolare in uno dei punti panoramici capoluogo lucano, nei pressi di piazza Matteotti.