L’antica Metaponto, fondata da coloni Achei agli inizi del VII sec. a.C., visse un momento di forte crescita edilizia ed economica nel corso del VI sec. a.C., durante il quale vennero costruiti alcuni dei suoi edifici principali, tra cui il celebre tempio di Hera Argiva presso la foce del Bradano (le cosiddette “Tavole Palatine”), le cui colonne doriche ancora svettano nel cielo a marcare il paesaggio della piana metapontina.
Nel cuore della città fu avviata la monumentalizzazione dell’agorà, dedicata a Zeus Agoraios, e del santuario urbano, dedicato ad Apollo Lykeios, dove svettavano i templi degli dei Atena, Hera, Artemide e allo stesso Apollo. La comunità continuò ad espandersi anche nelle fertili campagne dell’interno, occupando sempre più lotti di terreno, edificando fattorie, villaggi e piccoli santuari.
La presenza di un ekklesiasterion già dai primi anni della vita della polis suggerisce che la società metapontina fosse democratica, sebbene sempre strutturata in classi sociali. Negli anni centrali del secolo, tuttavia, al di sopra delle aristocrazie locali sembrerebbe emergere la figura di un tiranno, che le fonti ricordano col nome di Archelao, responsabile di una serie di interventi molto significativi in città, tra cui la ricostruzione dei templi delle divinità più strettamente legate all’identità etnica achea, quelli di Hera e Apollo, e fautore di una politica fortemente oligarchica.
Diverse fonti autorevoli (da Aristotele a Plutarco) riportano che la sua fine sarebbe giunta a causa di una vicenda che ricorda da vicino quella più famosa di Ipparco, Armodio e Aristogitone, avvenuta ad Atene tra 514 e 513 a.C.
Il tiranno, infatti, avrebbe preteso e ottenuto, con le minacce, i favori del giovane e bellissimo Ipparino. Questi, tuttavia, era l’eromenos di Amodio, che ne era a sua volta divenuto l’erastès in seguito ad un atto di coraggio perpetrato proprio ai danni del tiranno. E fu proprio Amodio che, dando ancora prova di grande audacia, assalì e uccise il tiranno nella sua stessa residenza. I due amanti tentarono presto la fuga, ma appena fuori dalla città trovarono la morte per mano delle guardie di Archelao.
Come per Armodio e Aristogitone, celebrati ad Atene nel noto gruppo scultoreo dei “tirannicidi”, anche Ipparino e Amodio furono ringraziati dai metapontini per aver posto fine alla tirannide e ristabilito la politeia (il governo dei cittadini). Non si conserva, purtroppo, il gruppo bronzeo loro tributato. Tuttavia della vicenda restano tracce archeologiche nelle sepolture del tiranno e dei due eroi, rinvenute nella necropoli monumentale di contrada Crucinia.