È il 2006, sotto il sole cocente del 6 agosto, Vincenzo Ventricelli passeggia tra i terreni del suo agriturismo, in contrada San Giuliano, vicino Matera.
Non sa ancora che la sua consueta camminata, oggi, gli riserverà una clamorosa sorpresa: poco più avanti, infatti, ad attenderlo ci sono i resti di una balena preistorica, in parte incastonata nell’argilla, proprio sulla riva della diga di San Giuliano (da qui il nome del reperto).
Vincenzo scorge delle ossa enormi, intuisce l’entità del ritrovamento e corre a comunicarlo alla Soprintendenza ai Beni archeologici della Basilicata. È in quel momento che fa un’altra scoperta: i funzionari sono a conoscenza della presenza di quei resti da più di 5 anni ma nessuno ha mai pensato di intervenire per recuperare quel fossile, lungo ben 26 metri e risalente a più di un milione di anni fa, precisamente al periodo del Pleistocene. Grazie alla tempestiva denuncia di Vincenzo che, con sua moglie Marta, ha deciso di dare una seconda vita a questo gigante marino dimenticato, la Soprintendenza deve dar seguito al rinvenimento, rimuovendolo dal sito, nonostante la mancanza di fondi stanziati ad-hoc, e mettendolo in sicurezza.
Oggi Giuliana è stata estratta completamente dal ventre dell’argilla che l’ha protetta e custodita per secoli. E’ stata conservata in 12 casse in un deposito del Museo nazionale “Ridola” di Matera e, nel 2021, il Ministero dei Beni culturali ha finalmente previsto lo stanziamento di fondi che possano permetterne il recupero, lo studio e la tutela.