«Io ti ho mandato i miei battaglioni, ma tu non ammazzare il fiore della cultura europea; non ammazzare Mario Pagano, il più grande giurista dei nostri tempi».
Così scriveva, in una lettera indirizzata al re Ferdinando, lo zar Paolo I a proposito della condanna a morte per Francesco Mario Pagano. Originario di Brienza, il giurista e filosofo era stato uno dei protagonisti dell’Illuminismo e del Positivismo italiano, nonché esponente di spicco della Repubblica Napoletana del 1799.
Accorato e convinto sostenitore degli ideali che mossero la Repubblica, dopo la caduta di quest’ultima, Francesco Mario Pagano decise di imbracciare le armi e difendere Napoli, ormai assediata dalle truppe borboniche. I suoi sentimenti patriottici e il suo impegno politico lo avrebbero, tuttavia, condotto direttamente alle segrete del Maschio Angioino, arrestato e rinchiuso nella cosiddetta “fossa del coccodrillo”.
Così l’esperienza di uno dei fautori della Repubblica Napoletana si sarebbe avviata verso l’ epilogo più tragico.
Tradito anche dall’ammiraglio Horatio Nelson, infatti, Francesco Mario Pagano sarebbe stato condannato a morte il 29 ottobre 1799. In quel giorno egli sarebbe salito al patibolo nella pubblica piazza per essere giustiziato insieme ad altri patrioti.