Nel dicembre 1273, a Potenza, nonostante il freddo, l’atmosfera è frenetica: c’è una fervente attività di ricostruzione e riedificazione. Le mura sono rinsaldate e molti edifici si stanno restaurando. La città, devastata dalle truppe di Carlo I D’Angiò, dopo aver appoggiato Corradino di Svevia per il dominio del Regno di Sicilia, sembra sia destinata a tornare ai fasti del secolo precedente, quando il geografo arabo Al Idris la descriveva come ricca e florida, piena di orti, giardini e gente industriosa. Del resto, nel 1149, Potenza era stata scelta come teatro dell’incontro tra re Ruggero II e Luigi VII di Francia di ritorno dalla Terra Santa.
I lavori procedono spediti. Tutto sembra possibile in questi giorni.
Ma, il 18 dicembre 1273 la terra trema. È un terremoto violentissimo che rade al suolo ciò che si stava riedificando. I campanili sono decapitati. Le case crollano. La cinta muraria è nuovamente distrutta. Tutti fuggono dalle abitazioni. Sono in molti quelli che non ce la fanno.
La disperazione prende nuovamente il sopravvento.
Non dura, però, a lungo. I carpentieri e le maestranze cittadine si rimboccano le maniche: Potenza non ha alcuna voglia di piangersi addosso.
E si riparte, ancora una volta.