John Paul Getty III in udienza al tribunale di Lagonegro nel 1976 (foto Umberto Pizzi/Wikimedia Commons)
Il 15 dicembre 1973, all’alba, sull’Autostrada del Sole, in corrispondenza dello svincolo per Lauria, in provincia di Potenza, viene rilasciato John Paul Getty III, l’erede sedicenne di uno degli uomini più ricchi del mondo, il petroliere Jean Paul Getty, della Getty oil Company. È stato nella mani della ‘ndrangheta per 158 terribili giorni.
Per liberarlo, la sua famiglia ha dovuto versare quasi due miliardi di dollari. Quando arriva negli uffici dei carabinieri di Lagonegro è spaventato, non sembra più il vivace hippy di pochi mesi prima, espulso da importanti scuole private e abituale consumatore di sostanze stupefacenti. Gli solca il volto una profonda cicatrice rossa che ha al posto dell’orecchio destro.
Il suo padiglione auricolare, infatti, è stato tagliato e spedito a un giornale insieme a un ciuffo dei suoi capelli nel mese di novembre. Tranne sua madre, che ha sempre creduto al sequestro, i suoi familiari si convincono solo a questo punto che il rapimento del ragazzo non è una messinscena.
La commozione generale suscitata dalla sorte del ragazzo spinge molte persone a proporre una raccolta fondi per liberarlo. I rapitori cavalcano l’onda emozionale scrivendo in un messaggio in cui si legge che “la famiglia più ricca del mondo, è anche la più caina (crudele, ndr)”.
Le immagini che lo ritraggono finalmente libero fanno il giro del mondo e in tanti non frenano la commozione.