Negli anni ’50 il matrimonio, nei paesini di una Lucania dedita al lavoro e alla famiglia, era per tutti l’occasione perfetta per lasciare a casa cattivi pensieri e preoccupazioni. Il numero di invitati al banchetto era esiguo: parenti e amici fino ad un massimo di 30 o 40 persone. Terminato il pranzo si dava il via alla parte più attesa del ricevimento, i balli, ed è qui che altri invitati facevano il loro ingresso.
In Basilicata gli strumenti musicali non sono mai mancati, così come la passione per le danze. A seconda della richiesta e delle zone l’orchestrina si componeva di differenti suoni provenienti da altrettanti differenti strumenti: zampogna e tamburello; pifferi, ciaramelle e fisarmonica; violino, fisarmonica e chitarra o mandolino, batteria e tromba. Qualcuno di questi strumenti tradizionali è ancora oggi prodotto in alcuni luoghi (San Costantino Albanese), un esempio è la classica zampogna lucana (a chiave con quattro canne disuguali).
Tra i balli preferiti dagli sposi: il valzer aggraziato, la mazurka variata, la polka saltellante e l’immancabile tarantella. A chiudere le danze, al termine di un giorno tanto speciale, ci pensava la quadriglia. Poteva durare ore per permettere ad ogni invitato di ballare. Se è vero che molte delle usanze nuziali lucane si sono perdute con il passare del tempo è anche vero che i balli sono sopravvissuti al ticchettio dell’orologio e, oggi, animano le nozze così come le tanto amate sagre lucane.
Nel territorio materano si era diffuso un particolare ballo che divertiva particolarmente gli sposi e gli invitati e che, alcune volte, fece da cupido, il “ballo dello specchio”. Si faceva sedere al centro della sala una donna dandole in mano uno specchio, il maestro di sala sceglieva un cavaliere e lo conduceva alle spalle di lei. La donna osservava nello specchio l’immagine riflessa dell’uomo e poteva accettare o declinare il ballo. In caso di risposta negativa il rituale voleva che lei con un fazzoletto facesse segno di cancellare l’immagine di lui sullo specchio. All’epoca ci si divertiva tanto e con poco.
(a cura di Grazia Valeria Ruggiero)