In Basilicata le nozze sono ed erano un “fatto di famiglia” e tutti i parenti più prossimi erano invitati a partecipare e, spesso, a rivestire precisi ruoli. Ciò avveniva, per esempio, durante i lunghi e festanti cortei matrimoniali. Il giorno del fatidico sì, infatti, non aveva inizio in chiesa ma era preceduto da una tradizionale “processione” di famiglia.
I cortei erano due ma procedevano seguendo lo stesso percorso tra le viuzze del paese, da casa dello sposo fino alle porte della chiesa o del comune per la celebrazione. Lo sposo era accompagnato da soli uomini e la sposa da sole donne. Ad aprire la fila tamburellate rumorose che annunciavano al paese che qualcuno quel giorno era in procinto di dichiararsi amore eterno.
Ad avere un ruolo chiave all’interno della vivace folla era la suocera che doveva camminare sul lato destro della sposa e darle il suo primo supporto sollevandole da terra il lungo velo. Sempre alla suocera si riferiva un’antica diceria secondo la quale una folata di vento, durante il corteo matrimoniale, presagiva un litigio infuocato tra lei e la futura nuora; alcuni ritenevano responsabili di quel leggero venticello le bocche di un sventurato paesino lucano, Colobraro. Anche il padre dello sposo a Grassano avevo un suo compito, ovvero aprire il corteo e gettare confetti ai bambini curiosi che impedivano il passaggio a promessi sposi, familiari e amici.
In alcune zone della Basilicata ora come un tempo si omaggiano gli sposi all’uscita della chiesa con il lancio di grano; la tradizione vuole che i novellini passino sotto ad archi fatti con canne e adornati con merletti in segno di buon augurio.
Al termine della funzione il corteo si dirigeva verso la nuova casa della coppia dove ad attenerli vi era nuovamente la suocera che porgeva doni e gustosi dolci alla nuora.
Insomma, erano sufficienti antiche usanze e una buona dose di allegria a rendere indimenticabile il giorno della nozze.