13 novembre 2003, a Scanzano Jonico una folla di lucani, unita composta e con le idee molte chiare, protesta e si ribella a una proposta proveniente dal Governo Berlusconi: depositare le scorie nucleari proprio nel comune metapontino.
Si tratta di rifiuti radioattivi, nocivi per la salute della gente, che dovrebbe vivere in un territorio che sarebbe, inevitabilmente, inquinato. L’idea nasce male, poiché nessuno ha mai fatto controlli geologici prima di proporre Scanzano. In più, un paese che vive di agricoltura e turismo, legato al mare Jonio, ne risentirebbe maggiormente.
Per questi motivi, per la difesa di se stessi e delle proprie radici, i lucani tutti, alcuni cittadini calabresi, confinanti, i vicini pugliesi, con altri cittadini provenienti dalla Campania, decidono di opporsi duramente, ma senza mai sfociare nella violenza, a questa assurda idea di demolizione di una regione.
15 giorni di lotte, sit-in, urla, dolore e rabbia, di paura, di sgomento sfociati in una manifestazione finale sulla strada statale 106 Jonica in cui circa 100mila persone, unite da un unico obiettivo, fanno sentire la propria voce: “No alle scorie in Basilicata”.
Questo grido risuona talmente forte che, a Roma, il Governo Berlusconi non può fare altro che ascoltarlo. La Basilicata e i suoi cittadini hanno cambiato per sempre il proprio destino e la loro storia.