Il 23 novembre 2003 lungo la strada statale jonica 106, un torpedone composto da circa 100 mila persone rivendica il proprio diritto alla vita: lo scopo è quello di stracciare il decreto emanato dal Governo Berlusconi che prevede di sotterrare le scorie nucleari nazionali nel comune di Scanzano Jonico.
La protesta, iniziata circa due settimane prima, è molto sentita dai cittadini lucani che temono per la loro sopravvivenza, visto che nessun sopralluogo geologico è stato mai effettuato e che la Basilicata è una regione che vive grazie ai frutti della propria terra (ad esempio la fragola Candonga, coltivata proprio nelle zone prese di mira per dal Governo).
Ma mentre in Lucania succede questo, a Roma, un nutrito gruppo di studenti lucani, che ha coinvolto tutti i fuori-sede provenienti anche da altre città d’Italia (circa 22 pullman), marciano su Roma, muniti di striscioni e intonando canzoni popolari.
Il grido è unanime, sotto Montecitorio: “La Basilicata non si tocca!”. Con questo slogan, urlato, di pancia, gli studenti difendono la loro terra e le loro famiglie, che vivono e lavorano in Basilicata e che, da lontano, provvedono a mantenere i propri figli.
La protesta studentesca servirà, insieme a quella delle famiglie lucane, a fermare il decreto killer, che avrebbe distrutto un’intera regione e, con essa, i sogni di tutti i suoi abitanti.