Il 17 giugno 1924, il giornalista Giuseppe Chiummiento, originario di Acerenza, lancia una forte invettiva contro il regime fascista. Lo fa in un articolo della rivista La Basilicata di cui è il direttore. Chiummento chiede che sia “l’intero governo a rispondere dell’omicidio di Giacomo Matteotti, segretario del partito socialista unitario, davanti alla Nazione”. Più tardi, aggiungerà che la responsabilità dell’accaduto è “di tutto il regime fascista e di tutta la mentalità sgorgata dall’era nuova”.
Da poco si sono svolte le elezioni politiche per la Camera dei deputati. La vittoria fascista è impressionante. Ma, come scrive Chiummiento, non è che una “calma elezione truffaldina”. Il 30 maggio alla Camera, Matteotti denuncia le percosse ai seggi a cui sono stati sottoposti molti cittadini. Il 10 giugno, a Roma, il deputato è rapito e giustiziato dai fascisti. Questo terribile episodio induce Giuseppe, a Potenza, a trovare nuova e più forte determinazione per il suo attivismo politico. Diventa il presidente del Partito lucano d’azione e si moltiplicano i suoi commenti aspri all’indirizzo del duce sulle pagine de La Basilicata. Non ha paura di mettere in ridicolo Mussolini.
Ma, poi, si moltiplicano le minacce e i sequestri della rivista o delle macchine tipografiche da parte della polizia fascista. Nel gennaio del 1925 il partito d’azione è nel capoluogo lucano è chiuso. Nel novembre di quello stesso anno, La Basilicata fa uscire il suo ultimo numero. Due anni dopo, Chiummento è costretto a scappare. Morirà in esilio nel 1941. Ma i suoi lazzi e le sue feroci invettive all’indirizzo del fascismo sono divenute immortali.