“E Ninco Nanco deve morire perché si campa putesse parlare
E si parlasse putesse dire qualcosa di meridionale.
E Ninco Nanco deve morire perché la storia così deve andare
E il Sud è terra di conquista e Ninco Nanco nun ce po’ stare”
Così recita una canzone di Eugenio Bennato, dedicata a una figura controversa della storia d’Italia e del Meridione: il brigante lucano Ninco Nanco. La sua morte si fa risalire al 13 marzo 1864 quando, dopo essere stato catturato dalla Guardia Nazionale di Avigliano insieme a due fedeli, l’uomo trovò la fine per mano di un caporale del luogo.
Alcuni raccontano versioni diverse, ma quello che è certo è che la sua salma fu esposta come monito nella pubblica piazza di Avigliano, a dimostrazione di quello che accadeva a chi si opponeva al potere, e la sua scomparsa fu celebrata dagli unitari.
Attorno alla morte del noto brigante aviglianese si sono costruite diverse teorie e, come è accaduto spesso per queste figure, la sua memoria popolare si è mescolata con elementi di folclore locale dando impulso a una rivisitazione di questo singolare personaggio nell’immaginario collettivo.
Ci sono fonti che parlano di Ninco Nanco come di un brigante crudele e spietato e racconti in cui sarà descritto come un fuorilegge generoso che combatteva le sue battaglie in nome del popolo, come si intuisce anche dalle parole del cantautore napoletano.
Ninco Nanco ancora oggi, a distanza di secoli, continua a far parlare di sé, soprattutto nei libri che raccontano la storia del meridione, pur rimanendo un personaggio molto divisivo.