31 gennaio 1923, a Bernalda è prevista una manifestazione di propaganda da parte dei fascisti. Il loro scopo è di dimostrare ai cittadini, per la maggior parte nazionalisti, che sono forti e solidi.
La squadra d’azione fascista arriva all’alba e, forte delle proprie ideologie, passa tra i vicoli del paese, sfoggiando lo stendardo che viene anche benedetto. Segue l’inaugurazione della sezione del partito, in un clima apparentemente tranquillo e pacifico.
Ma qualcosa va storto: nel pomeriggio un colpo d’arma da fuoco dà il via a un duro scontro tra i fascisti e i nazionalisti, dei quali sarà presa d’assalto la sede. Da questo momento in poi è il delirio.
I negozi vengono saccheggiati, le abitazioni setacciate dai fascisti alla ricerca dei nemici e poi tanti, troppi, scontri, armati e non. Dopo circa due ore il bilancio è agghiacciante: molti feriti, circa una trentina, alcuni dei quali gravi, e tre morti.
Giuseppe Viggiano, Pasquale Gallitelli e Maria Di Stasi, uccisa mentre allatta al seno suo figlio.
Uno fatto inquietante che raggiunge Roma e il duce in persona, il quale cercherà di fare chiarezza su quanto accaduto affidando il caso al funzionario del Ministero degli interni, Paolo Di Tarsia. Nonostante i colpevoli siano stati individuati, nessuno di loro subisce una condanna degna di nota: qualcuno verrà condannato a una pena lieve, qualcun altro verrà lasciato libero dopo poco grazie all’indulto, altri saranno prosciolti.
Bernalda, ancora oggi, piange questi suoi tre figli, morti senza un motivo e che non hanno mai avuto giustizia.